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Lukoil Priolo, spunta l'ipotesi dell'amministrazione fiduciaria: deciderà il Consiglio dei ministri

Il ministro Adolfo Urso durante il question time

La prima ipotesi è quella della nazionalizzazione sul «modello» tedesco per la Raffineria Lukoil di Priolo. In alternativa, è possibile un rafforzamento delle garanzie alle banche da parte dello Stato, che ha già messo in campo Sace, per sbloccare i finanziamenti, senza i quali l’azienda non potrà comprare il greggio necessario a mantenere gli impianti in produzione. Ma all'orizzione si profila una terza via: una norma generale per inserire le raffinerie fra le infrastrutture critiche di rilevanza strategica nazionale, con la possibilità per lo Stato di porle in amministrazione fiduciaria temporaneamente per garantire la continuità degli approvvigionamenti energetici. Il governo si sta concentrando su questa possibile soluzione per salvare la raffineria Isab-Lukoil di Priolo a ridosso dell’embargo, che scatta dal 5 dicembre, alle importazioni di petrolio russo. Non è escluso che la misura sia presentata in Consiglio dei ministri domani.

Tra cinque giorni lo stabilimento, in provincia di Siracusa, non potrà più raffinare il petrolio proveniente dalla Russia per via dell’embargo dovuto alle sanzioni dell’Occidente per la guerra all’Ucraina. Una corsa contro il tempo che sta tenendo col fiato sospeso 10 mila lavoratori (tre mila diretti e 7 mila dell’indotto) e un intero territorio industriale che rischia il tracollo. Domani - primo dicembre - le ipotesi per salvare la Lukoil dovrebbero arrivare sul tavolo del Consiglio dei ministri. A confermarlo, alla vigilia, è il titolare dell’Industria, Adolfo Urso, rispondendo a margine del question time.

Quello russo è l’unico petrolio al momento utilizzato nello stabilimento siciliano, che non può rifornirsi sui mercati internazionali a seguito del taglio delle linee di credito da parte delle banche per timore di sanzioni per la guerra in Ucraina, seppure la raffineria non sia soggetta a misure restrittive da parte dell’Ue. La soluzione allo studio sarebbe mutuata da un emendamento al dl Aiuti quater, in via di definizione, elaborato del senatore del Pd Antonio Nicita, che nei giorni scorsi ha anticipato la proposta al ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso. L’emendamento di Nicita, con la proposta di amministrazione fiduciaria per sei mesi, prorogabile di altri sei, a sua volta si ispira all’iter con cui il governo tedesco (senza obiezioni dall’Ue) ha messo in sicurezza gestionale la raffineria di Schwedt in Brandeburgo, prendendo il controllo delle attività in Germania del gigante petrolifero russo Rosneft. Questa sorta di commissariamento a tempo avrebbe lo scopo di dare maggiori garanzie di trasparenza alle banche, in un periodo di transizione verso una possibile cessione della raffineria a un operatore straniero.

Scartata, invece, l'ipotesi di una deroga all’embargo russo, come avvenuto per Bulgaria e Croazia. Anche il ministro dell’Ambiente e Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto, ammette che «in attesa che si possa arrivare a un compratore e una proprietà non più russa una soluzione potrebbe essere un’ipotesi di intervento dello Stato, con garanzie, se sono sufficienti, o, al limite estremo, con un’operazione di quasi nazionalizzazione».

Per il segretario generale Fiom Cgil, Michele De Palma, «la situazione della Lukoil non è comparabile all’ex Ilva». «Per la Lukoil abbiamo un problema enorme perché entro dicembre non avrà più il greggio per poter fare la trasformazione - afferma -. La scelta fatta in Germania in un caso analogo è stata quella di nazionalizzare l’azienda per tutelare la continuità occupazionale e produttiva. Nella vicenda ex Ilva abbiamo messo le risorse pubbliche in mano di soggetti privati che massimizzano i risultati in termini di profitto, guadagnano fette di mercato ma non restituiscono nulla». In Germania, il governo del cancelliere Olaf Scholz ha assunto il controllo del gruppo petrolifero russo Rosneft, attraverso l’amministrazione fiduciaria dell’Agenzia nazionale.

Ma sul dossier Lukoil, pesa un altro problema rilevante che riguarda anche altre società che producono nell’area industriale, come l’Eni, i sudafricani della Sasol e gli indiani della Sonatrach: quello del depuratore. L’impianto, controllato a maggioranza da istituzioni pubbliche e in quota minore dai privati, è stato sequestrato lo scorso giugno su disposizione della Procura di Siracusa che da quattro anni indaga su un presunto disastro ambientale per via di sversamenti inquinanti in mare e nell’atmosfera. Secondo i periti incaricati dai magistrati, sarebbero stati immessi scarti e agenti inquinanti nel depuratore che in realtà da 40 anni non funzionerebbe. Una vicenda nota da tempo. Adesso il presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, «alla luce delle notizie di stampa sul presunto disastro ambientale causato dal depuratore di Priolo», ha convocato per venerdì prossimo, 2 dicembre, alle 16, un tavolo tecnico a Palazzo d’Orléans con tutti i dipartimenti regionali competenti.

«Tenuto conto dei gravi danni ambientali e delle ripercussioni al livello produttivo per l’intero comprensorio - afferma Schifani - affronterò immediatamente il problema, valutando le conseguenti azioni da porre in essere con la massima urgenza».

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