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L'amore per il teatro, la popolarità dal cinema e dalla tv: ritratto di Sebastiano Lo Monaco

Un attore vecchio stampo: tanto lavoro di preparazione e studio dei testi classici, una generazione che si è persa tra le assi e nei camerini di provincia

Sebastiano Lo Monaco in una foto di scena della fiction di Raiuno Joe Petrosino

Quel suo Filottete era riuscito a prendersi la scena, nonostante il personaggio non proprio simpatico, poco eroe, ma molto uomo. E così anche tanti altri, passando per Pirandello, Shakespeare, Sciascia, persino per l’ex presidente del Senato Grasso, di cui aveva portato in scena una feroce invettiva contro la mafia.

Sebastiano Lo Monaco se n’è andato ieri, a soli 65 anni, era malato da tempo ma nessuno si aspettava la notizia, anzi nei teatri era già annunciato un nuovo Odisseo. Ma Sebastiano non ce l’ha fatta e ha portato via quel suo modo veemente di voler bene, la gentilezza dell’antico signore e la forza dell’uomo, lo studio intenso dei personaggi e quell’atto quasi sacro, ieratico, che amava tanto, più di una volta aveva detto di volersi ritirare in convento. Un po’ una boutade, un po’ scena: e infatti Lo Monaco era un attore dalla punta dei capelli – che non aveva – alle unghie dei piedi. Teatralissimo nel tratto, sciarpa bianca al collo se attraversava un mercato, liti furibonde (e grandi riappacificazioni) se qualche riga non gli piaceva. Attore, vero e puro, con dentro l’ansia di non essere mai realmente riconosciuto per quello che valeva: come quel Teatro Greco a pochi chilometri da casa – era nato a Floridia e ci ritornava ancora, tra una tournée e l’altra - che gli era sempre rimasto in gola. Porte aperte all’attore, mai a un possibile sovrintendente.

Eppure, quando Sebastiano entrava nella cavea, c’era sempre una standing ovation. La gente se lo additava per strada – La Piovra 9, Il commissario Montalbano, Joe Petrosino, Boris Giuliano, gli avevano regalato una popolarità tale da fargli abbandonare per qualche tempo il teatro, come anche il grande schermo: da I vicerè di Roberto Faenza a Baarìa di Peppuccio Tornatore, La vita è una cosa meravigliosa di Carlo Vanzina – e a lui piaceva parecchio. Ma il vero amore era sempre sullo sfondo: dopo il diploma all’Accademia, aveva iniziato a lavorare con Enrico Maria Salerno, Salvo Randone e Adriana Asti, e sin da subito aveva avuto una sua compagnia scritturando anche Paola Borbone.

Teatro vecchio stampo, tanto lavoro di preparazione e studio dei testi classici, una generazione che si è persa tra le assi e nei camerini di provincia dove le foto si infilavano nella cornice dello specchio e ti facevano compagnia. Poi la grande ribalta: l’amato Pirandello – Così è (se vi pare), Il berretto a sonagli, Questa sera si recita a soggetto, Sei personaggi in cerca d’autore, L’uomo dal fiore in bocca, e l’Enrico IV recuperato dopo vent’anni – Shakespeare, Sciascia, i classici greci, il Cyrano portato in scena tante volte; lo chiamano a dirigere il Teatro Vittorio Emanuele di Messina, poi il Teatro Pirandello di Agrigento; qualche anno fa convinse l’ex presidente del Senato Pietro Grasso a consegnargli il suo Per non morire di mafia. «Ero perplesso all’idea, ma mi sono fidato del suo intuito e ha funzionato – ricorda l’ex procuratore nazionale antimafia -: l’ha interpretato centinaia di volte in teatri e scuole. Da quel momento scherzavamo spesso su come fosse diventato il mio “doppio“». E infatti lo spettacolo fu un trionfo, con vagonate di studenti con gli occhi lucidi.

Oggi lo piange il mondo del teatro: dalla Fondazione Inda – «La sua scomparsa è una perdita per il teatro italiano e un impoverimento per il panorama artistico di Siracusa», dice il sindaco Francesco Italia – al Teatro Pirandello, all’amata Valle dei Templi dove era tornato negli ultimi anni per portare all’alba i suoi eroi omerici sotto il Tempio della Concordia, «di lui conserveremo sempre il ricordo di un uomo dal grande talento artistico e di notevoli doti umane» dice il direttore (e suo amico) Roberto Sciarratta. Lo ricordano gli Amici del Teatro Biondo - «un grande attore e un caro amico, che si è speso tanto al nostro fianco per promuovere la cultura teatrale », dice il presidente Carmelo Sardegna – , il regista Davide Livermore – «Oh Sebastiano, vola leggero. Ci lascia un grande attore» - il giornalista ed ex assessore Alberto Samonà, i colleghi e i direttori dei teatri di tutta Italia.

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