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La confisca da 50 milioni a Siracusa: ecco tutte le accuse a Ruggeri del clan Nardo

Conti correnti con un saldo di 4 milioni 450 mila euro, due terreni edificabili, 157 motrici per articolati, 244 rimorchi, sei autoveicoli: beni per un totale di circa 50 milioni di euro. A tanto ammonta il patrimonio confiscato all’ergastolano Filadelfo Emanuele Ruggeri, esponente di spicco del clan «Nardo», che opera nella zona nord della provincia di Siracusa. Ruggeri si trova al regime del 41 bis. I beni erano già stati sequestrati nell’ottobre del 2020 I carabinieri del nucleo investigativo del comando di Siracusa hanno eseguito il decreto emesso dal Tribunale di Catania. La confisca è «l'epilogo di indagini economico-patrimoniali condotte, ai sensi del «Codice Antimafia», sotto la direzione della Procura di Catania e finalizzate a tracciare i beni riconducibili al clan Nardo e al suo referente», spiegano i carabinieri.

Grazie a familiari e prestanome, Ruggeri sebbene detenuto dagli anni Novanta per associazione mafiosa, continuava a gestire l’attività del clan. Numerosi gli omicidi e i tentativi di omicidio che gli sono stati addebitati, tra cui quello di Franco Di Mare il 25 novembre 1992 ad Augusta, con condanna definitiva nel 2000; quello di Nicolò Agnello dell’11 aprile 1992 a Lentini, con condanna definitiva nel 2009; quello di Salvatore Giuliano del 26 febbraio 1992 a Pachino con condanna nel 2010. Le attività economiche nel settore dell’autotrasporto dell’ortofrutta «avvalendosi di modalità mafiose», garantivano «al clan ingentissimi introiti».

Gli accertamenti dei militari hanno consentito di riscontrare «oltre all’escalation di condotte criminose e la sua eccezionale propensione a comportamenti antisociali mediante numerosi reati» una sproporzione tra i redditi «pressoché inesistenti, dichiarati dallo stesso e dal proprio nucleo familiare ed il patrimonio loro effettivamente riconducibile».

Ruggeri discuteva dell’impiego delle loro risorse finanziare con i suoi familiari nei colloqui in carcere. I magistrati ne hanno conferma, emersa in una conversazione avvenuta nel 2010 in cui i membri della famiglia di Ruggeri, alla presenza dell’ergastolano, parlano di un investimento, l’acquisto di girarrosto. «Allora, in questi anni sono entrati i soldi e con gli altri cosa ci avete fatto?», chiede Ruggeri. «Te li ho elencati, il girarrosto..» risponde il familiare. E poi parlano delle cifre. Per i magistrati questo dialogo, insieme ad altri intercettati, sarebbe la prova del ruolo di primo piano assunto da Ruggeri nella gestione del patrimonio.

La principale fonte di reddito di Ruggeri era un’azienda di trasporto per l’ortofrutta che, secondo i magistrati della Dda di Catania, sarebbe servita per poi finanziare il clan. A parlarne è Alfio Ruggeri, cugino di Filadelfo Emanuele Ruggeri, ex esponente della cosca lentinese, diventato collaboratore di giustizia. «Io mi sono occupato - racconta Alfio Ruggeri - in modo particolare del settore dei trasporti perché ero socio con mio cugino Filadelfo della ditta di mio zio che aiutavamo anche ad ottenere lavori ed a ottenere il pagamento dei crediti. Gli imprenditori ed i titolari di magazzini di stoccaggio dei prodotti agricoli di Lentini, Carlentini, Francofonte e Scordia per il trasporto dei loro prodotti sono costretti a rivolgersi alla ditta Ruggeri».

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