Si è già discusso di agromafie, di innovazione tecnologica, di strategie per il futuro, di resilienza ai cambiamenti di climatici, e ci sarà tempo per parlare di Africa e di vedere riuniti i ministri competenti dei sette Paesi più sviluppati del mondo, ma nella giornata di ieri, la quinta dell’Expo Divinazione che in quel d’Ortigia introduce al G7 dell’Agricoltura e della Pesca, i protagonisti sono stati i giovani, gli imprenditori dell’agroalimentare che hanno deciso di continuare l’attività dei padri o dei nonni, oppure di creare aziende dal nulla, in molti casi tornando a casa dopo anni di esperienze lavorative e di studio all’estero o in altre regioni: un fenomeno che oggi, dopo il boom registrato nei primi anni del nuovo secolo, tra crisi economiche ripetute, costi di produzione in rialzo, difficoltà a trovare risorse economiche e, da ultimo, emergenze siccità, «sta scontando una netta decelerazione, in Sicilia come in altri territori d’Italia».
A rimarcarlo, tra un convengo e l’altro a Siracusa, è il presidente nazionale di Coldiretti Giovani, Enrico Parisi, indicando al nostro giornale almeno tre motivazioni che spiegano la «graduale battuta d’arresto. Le prime due riguardano soprattutto le prime generazioni di coltivatori, quelli che iniziano da zero. Innanzitutto, bisogna superare i paletti per l’accesso al credito, sempre più alti, tanto che la maggior parte degli under 35, pur avendo progetti e idee chiare sulle loro start-up, non riescono ad accendere un mutuo per acquistare i terreni, a meno di non avere le spalle già ben coperte. Se si riesce a superare l’ostacolo, bisogna poi fare i conti con le spese di produzione, sempre più pesanti, e con i costi della tecnologia, di questi tempi indispensabili per affrontare ed evitare i danni indotti dal cambiamento climatico».
Ma i guai sono in agguato anche per gli agricoltori di seconda e terza generazione, gli imprenditori più “strutturati”: «Per tutti loro c’è un crescente problema di redditività, dovuto all’invasione dei prodotti stranieri, dall’olio al miele fino alle passate di pomodoro. Cibo di qualità inferiore, e per questo meno costoso».
Così, dati alla mano, secondo l’ultimo censimento Istat sull’universo agricolo aggiornato al 2022, durante l’ultimo decennio la Sicilia ha perso quasi 3.400 imprese guidate da persone di età compresa tra i 19 e 29 anni, passando da 6.576 a 3.179 unità, con un calo del 51% che parla da solo, soprattutto se confrontato con l’andamento nazionale, dove si registra invece una flessione del 24%. Certo, l’Isola rappresenta ancora oltre il 12% delle imprese a conduzione giovanile, ma è una magra consolazione, anche perché, sottolinea Parisi, «il deficit siciliano è inevitabilmente destinato a salire, visto che la siccità - complice le croniche perdite di risorsa idrica che insistono sul territorio, con un ammanco medio del 40% fino a picchi del 70% - ha messo in ginocchio tantissime coltivazioni, soprattutto nel settore della cerealicoltura. Per non parlare delle malattie degli animali, dalla peste suina alla febbre catarrale, la cosiddetta “lingua blu”, che ha fatto capolino pure in Sicilia. Tutti segnali pessimi per coloro che vogliono continuare o iniziare a fare impresa».
Insomma, lo scoraggiamento è alto, e c’è chi ha già deciso di abbandonare la terra, come Crocifisso Terranova, coltivatore trentenne del Nisseno, «stanco di combattere in uno stato di totale incertezza, senza sapere se conviene concimare o no per la prossima annata».
Intanto, da Ortigia, rispondendo alle domande di due giovani, il ministro della Sovranità alimentare Francesco Lollobrigida annuncia, con data di partenza 2 ottobre, «il servizio civile in agricoltura con la manifestazione d’interesse aperta alle aziende: per la prima volta i giovani potranno servire la patria con una attività di valore agricolo. Sarà un anno a spese dello Stato, che vuole valorizzare questa attività».
Da Palermo, invece, e più esattamente dalla seconda edizione di Forum risorsa mare, al Marina Yachting, il ministro per la Protezione civile, Nello Musumeci, ricordando gli interventi programmati con il governo Schifani contro la crisi idrica, torna sul tema siccità, «che sarà un problema ancora per diversi anni: se la programmazione fosse stata fatta un ventennio fa oggi saremmo a posto. L’Italia è mancata e di conseguenza anche in Sicilia non c’è stata pianificazione, basti pensare che in tutto questo tempo non è stata istituita un’Autorità idrografica: doveva essere creata nel 1989, l’ha creata il mio governo nel 2018 quando però era già troppo tardi».
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