«Se il mio avvocato non mi avesse costretto a dimettermi, sarei rimasto agli arresti domiciliari e mi sarei candidato a sindaco agli arresti domiciliari». Lo ha affermato il dimissionario sindaco di Priolo Pippo Gianni nel corso di una conferenza stampa a Siracusa, a dieci giorni dalla revoca degli arresti domiciliari a seguito dell’inchiesta per concussione della procura di Siracusa. L’esponente politico, visibilmente emozionato e più volte costretto a fermarsi per le lacrime, ha affermato di voler essere protagonista nella prossima tornata elettorale, prevista in primavera, che si terrà a Priolo, ma anche rigettato le accuse di aver esercitato pressioni a due aziende del Petrolchimico per ottenere assunzioni e commesse.
Gianni si presenterà al Palazzo di giustizia il 10 marzo prossimo per l’inizio del suo processo che si celebrerà con il rito immediato, come disposto dalla Procura. «Sarà un processo - ha detto Gianni - nel quale potranno essere compresi disagi e pericoli del singolo amministratore, ma più in generale di chi esercita una carica politica; nel quale, chi vorrà, potrà comprendere perfettamente i motivi per cui da anni politica e magistratura non hanno capacità di dialogo e armano uno scontro tra poteri estremamente dannoso per la nostra società».
Nell’inchiesta, i magistrati si sono serviti delle intercettazioni telefoniche ed ambientali. «Sarà un processo nel quale potrà essere chiarito perché le intercettazioni oggi sono oggetto di forti polemiche, soprattutto dopo la pessima e liberticida riforma Bonafede, soggetto che già è difficile solo ricordare essere stato un nostro ministro della Giustizia». Gianni ha anche annunciato di volere un processo pubblico, aperto alle riprese televisive. «In questo processo io anticipo già che darò il mio consenso alla ripresa televisiva integrale, se qualche organo, nazionale o locale, è interessato alla sua trasmissione e il giudice la autorizzerà ed al quale, a prescindere da questo, invito i cronisti di giudiziaria e i notisti politici».
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