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«Noto è fallita»: il Consiglio comunale ha votato il dissesto finanziario

Palazzo Ducezio, sede del Comune di Noto

Non più solo «ingeniosa urbs, culla di storia e di arte, o capitale europea del barocco, o patrimonio dell’umanità, ora Noto è anche una «città fallita». Il Consiglio comunale martedì sera, presenti il responsabile del servizio finanziario del Comune, i revisori dei conti e i consulenti dell’amministrazione, ha deliberato – con dodici voti a favore e tre contrari - il dissesto finanziario dell’ente per 62 milioni di euro di debiti. Il primo atto di questa storia era stato già scritto lo scorso primo settembre, quando l’esecutivo municipale ha avviato la procedura di dichiarazione dello stato di dissesto finanziario a seguito del disavanzo risultante dal rendiconto di gestione relativo all’esercizio 2020.

Una decisione maturata già a partire dalla fine dello scorso anno poiché, stando alle notizie fornite dall’attuale sindaco Corrado Figura durante questi mesi, «non è possibile superare la situazione di squilibrio finanziario con le procedure ordinarie, non esistono i presupposti per un Piano di riequilibrio finanziario e pluriennale sostenibile e attendibile, in quanto i primi tre anni del bilancio di previsione presentano notevoli squilibri di parte corrente e tale divario, anche se in parte ridotto, si ripete nei prossimi quindici anni».

In breve, «il Comune non è in grado di garantire l’assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili, e non può fare validamente fronte ai crediti liquidi ed esigibili nei confronti dell’ente stesso». Un disavanzo che l’attuale amministrazione ha imputato ai dieci anni di gestione dell’ex sindaco Corrado Bonfanti, in carica dal giugno 2011 fino all’ottobre dello scorso anno.

Se per il vicepresidente del Consiglio comunale Adriano Formica «la dichiarazione di dissesto finanziario non rappresenta un’opzione, ma un obbligo di legge, e le criticità contabili fanno capo a chi ha amministrato il Comune negli anni precedenti», per il consigliere di opposizione Aldo Tiralongo (Pd) «a pagare il dissesto sarà tutta la comunità con l’elevazione al massimo delle aliquote di Tarsu, Imu, addizionale Irpef, alienazione del patrimonio disponibile non essenziale, mobilità del personale in esubero, eliminazione dei servizi non indispensabili, tariffe per i servizi sociali a domanda a carico degli utenti fino al 36 per cento, fornitori a vario titolo dell’Ente il cui credito potrà essere ridotto fino al 60 per cento. Si poteva evitare? Di certo l’attuale amministrazione non ci ha neppure tentato e ha continuato con feste, festini e spese inconcepibili». Va da sé che ormai il dissesto è servito. E indietro non si torna. Tanti e altisonanti i titoli per indicare la nobile Noto, che ora conta anche l’appellativo di «città fallita».

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