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L'Ast è al verde e ferma i bus urbani: 14 città a piedi, da Siracusa a Ragusa, da Gela a Milazzo

L’Ast è al verde e la prima conseguenza è lo stop ai bus urbani. Una decisione già deliberata dal Cda della partecipata e comunicata sia alla Regione che ai 14 sindaci delle città che resteranno senza collegamenti urbani. Fermate deserte quindi in grossi centri come Siracusa e Ragusa, Gela e Milazzo.

La lettera che il presidente Santo Castiglione ha recapitato all’assessorato alle Infrastrutture ha i toni di chi è già oltre l’ultima spiaggia: «Considerato che l’azienda versa in una grave situazione di crisi di impresa e criticità finanziaria il Cda ha deliberato di ridurre l’impegno produttivo ove si registrano elevati costi di produzione e bassi ricavi di traffico». Premessa per comunicare ai sindaci di Siracusa, Ragusa, Acireale, Augusta, Barcellona, Milazzo, Caltagirone, Chiaramento Gulfi, Carlentini, Gela, Lentini, Modica, Paternò e Scicli che dal primo marzo l’Ast ferma i bus che assicurano i collegamenti all’interno delle città. Vanno avanti tutte le altre corse che collegano le città fra loro.

Secondo le stime dell’azienda, questi bus interni registrano perdite per mezzo milione al mese. Che pesano come macigni su una azienda che qualche settimana fa ha certificato alle Regione di avere debiti per oltre 70 milioni (ma due bilanci non approvati potrebbero far lievitare la cifra a 91).

La notizia dello stop ai bus decisa da Ast arriva nel mezzo di una tempesta che ha visto le dimissioni del collegio dei revisori, al termine di una guerra col Cda sulla correttezza dei bilanci. In più il presidente Schifani ha detto di essere contrario alla ricapitalizzazione chiesta dai vertici di Ast per salvare l’azienda: la Regione dovrebbe versare non meno di 50 milioni (e sperare nel recupero di qualche credito) per sistemare i bilanci ma poi, nel 2024, dovrebbe ugualmente mettere in gara d’appalto le concessioni di Ast perché una direttiva europea lo impone. Da qui i dubbi di Schifani che ha invece in mente una operazione finanziaria che scorporerebbe Ast in una bad company che andrebbe in procedura fallimentare e una newco che, sul modello Alitalia, si metterebbe sul mercato con una struttura più agile. Scenario che inevitabilmente impedisce il transito di tutti gli attuali 864 dipendenti: molti finirebbero in cassa integrazione, come ha già prospettato un parere realizzato per il governo dal professor Alberto Sragno D’Alcontres.

È uno scenario che il direttore dell’Ast, Mario Parlavecchio, ieri ha prospettato ai sindacati: ricevendo un no secco. Per Dioniso Giordano della Cisl «è meglio andare verso la continuità di Ast, sistemando il bilancio e recuperando i crediti che comunque l’azienda vanta anche dalla Regione». Pure la Uil, con Agostino Falanga, ha detto no al modello Alitalia: «La prima cosa è salvare l’azienda e dare un futuro certo ai dipendenti. Per questo attendiamo risposte dal governo, finora assente malgrado le richieste di incontro che abbiamo più volte avanzato».

In realtà un faccia a faccia fra sindacati e governo è atteso per il 7 febbraio. Prima di allora la giunta dovrà ragionare su due fronti: fronteggiare l’emergenza provocata dallo stop ai bus e decidere il futuro di Ast dal punto di vista societario. L’assessore alle Infrastrutture, Alessandro Aricò, individua una rotta solo per il primo problema: «Stiamo studiando una soluzione che permetterà ai sindaci di attivare nuove convenzioni con altre aziende di trasporto in modo rapido».

 

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