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Il bambino morto nel pozzo a Palazzolo Acreide: indagati sei accompagnatori e il proprietario dell'area

L’associazione Rampi, che custodisce la memoria di Alfredino, accusa: «Da Vermicino nulla è stato fatto per la prevenzione». I vigili del fuoco: siamo arrivati dopo soli dieci minuti

Le prime risposte potrebbe darle l’autopsia, che la procura disporrà nelle prossime ore e che sarà eseguita la prossima settimana. E con l’esame medico-legale arrivano le prime iscrizioni nel registro degli indagati: un atto dovuto che consente alle persone potenzialmente coinvolte nella morte di Vincenzo Lantieri, il bimbo di 10 anni caduto ieri (27 giugno) in un pozzo artesiano nelle campagne di Palazzolo Acreide, di nominare propri consulenti perché assistano a un atto tecnicamente irripetibile. A finire nel registro degli indagati con l’accusa di omicidio colposo, secondo quanto si apprende, sono sei educatori - che accompagnavano il bambino e un’altra ventina di ragazzi, alcuni dei quali disabili, alla visita ad una fattoria didattica prevista dal campo estivo organizzato dalla Fondazione Anffas «Doniamo Sorrisi» - e Giuseppe Giardina, proprietario della struttura che i bambini avrebbero dovuto visitare e presidente della Onlus. Al vaglio della Procura la posizione della volontaria che si è calata nel pozzo per soccorrere la vittima.

I carabinieri, che oggi hanno eseguito un sopralluogo nella zona dell’incidente con la procuratrice di Siracusa, Sabrina Gambino, e il sostituto Davide Viscardi, hanno comunque già iniziato a sentire i piccoli testimoni, gli amici della vittima che partecipavano alla visita, che avrebbero però fornito versioni diverse dell’accaduto. Alcuni hanno confermato che il bambino è salito sulla copertura del pozzo saltando e che ha sfondato la botola, precipitando giù, altri avrebbero riportato un diverso racconto dei fatti.

Nelle prossime ore saranno interrogati due responsabili dell’associazione, che ieri però non erano presenti. E soltanto nei prossimi giorni sarà possibile ascoltare tutti gli accompagnatori: un’eventuale assunzione di sommarie informazioni nelle vesti di testimoni, prima quindi dell’iscrizione, e non di indagati, potrebbe rendere nulli i racconti acquisiti. La procura vuole anche verificare la tempistica dei soccorsi, chi era responsabile della sorveglianza dei bambini e se il pozzo fosse stato messo in sicurezza.

Resta tutto da valutare il racconto di Salvatore La Rosa, un uomo che abita vicino all’area in cui si trova il pozzo. «Il bambino, dopo essere caduto, ha parlato con la madre e il padre, loro lo chiamavano e lui chiedeva aiuto», racconta. Parlando con la Tgr Sicilia ha anche riferito dei tentativi delle educatrici, in particolare della 54enne rimasta ferita, di salvare il piccolo. «La signora è scesa a mani nude là sotto, in attesa dei soccorsi», che, a dire di La Rosa, sarebbero arrivati «dopo circa due ore». Parole tutte da verificare: non risulta agli inquirenti ad esempio che i genitori del bambino, che hanno anche altri due figli, abbiano parlato con lui.

Sui tempi dei soccorsi gli investigatori faranno degli accertamenti. I vigili del fuoco comunque assicurano di essere arrivati al pozzo dopo soli dieci minuti dalla chiamata di soccorso. «I vigili del fuoco di Palazzolo Acreide - afferma il Dipartimento dei vigili del fuoco e del soccorso civile - sono giunti alla Contrada Falabbia in poco più di dieci minuti dalla chiamata di soccorso ricevuta dalla sala operativa». Una volta sul posto, i pompieri «si sono calati immediatamente nel pozzo recuperando la signora, purtroppo nulla hanno potuto fare per salvare il bambino».

Disperata la madre della piccola vittima: «Il mio cuore si è fermato insieme al tuo cuore in quel maledetto pozzo. Ti amo», ha scritto in un post su Facebook, ricevendo centinaia di commenti di cordoglio. E dall’associazione Rampi, che custodisce la memoria di Alfredino, morto in un pozzo artesiano, arriva l’accusa: «Da Vermicino nulla è stato fatto per la prevenzione».

 

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