Questo sito contribuisce all’audience di Quotidiano Nazionale

Tumore al colon retto, nuova strategia per la cura: il siracusano Germano nell'équipe della ricerca

Una nuova strategia per la cura del tumore al colon retto: nell'équipe della ricerca, da sinistra Vito Amodio, Alberto Bardelli e Giovanni Germano

Il tumore del colon-retto rappresenta la seconda causa di morte per motivi oncologici a livello mondiale. Almeno fino ad oggi. I ricercatori dell’Ifom (Istituto fondazione di oncologia molecolare) di Milano in sinergia con l’Università degli studi di Torino hanno individuato una potenziale nuova strategia terapeutica grazie all’utilizzo dell’immunoterapia. E come spesso accade, nell’équipe risalta una figura siciliana: la scintilla che ha dato il via allo studio è partita da Giovanni Germano, siracusano classe 79, dal 2014 al fianco del professor Alberto Bardelli, tra i massimi esperti nello studio del tumore al colon-retto.

Dopo gli studi scientifici e la laurea in Scienze biotecnologie conseguita all’Università di Perugia, Giovanni intraprende fin da subito la strada della ricerca, ottenendo dal 2004 al 2006 una borsa di studio presso l’Istituto europeo di oncologia fondato da Umberto Veronesi, proseguendo con un dottorato tra il 2006 e il 2011 all’Istituto clinico Humanitas di Milano, dove al fianco del dottor Alberto Mantovani studia il ruolo antitumorale di un farmaco naturale già approvato in Europa. Dopo una breve parentesi a Zurigo, torna in Italia e nel 2017 ha l’intuizione: «Avevo notato che un sottotipo di tumore al colon-retto potesse attrarre il sistema immunitario - spiega Germano - riattivandolo e permettendogli di tornare a fare il suo dovere».

Nel 95% dei casi, questi tipi di tumore vengono definiti freddi, ovvero in grado di addormentare il sistema immunitario che non riesce ad individuarli e combatterli, consentendo la proliferazione delle cellule maligne. In quei rari casi in cui il tumore dovesse presentarsi caldo, allora le nostre sentinelle riuscirebbero a individuare la novità e agire combattendolo. E se ci fossero dei tumori solo all’apparenza freddi ma che nascondono una componente calda? L’osservazione e il quesito hanno rappresentato la spinta: «Abbiamo lavorato in laboratorio progettando esperimenti appositi, in topi di laboratorio nei quali è stato possibile riprodurre almeno in parte la malattia osservata nei pazienti, alterando geneticamente il tumore in maniera che potesse essere sempre più diverso e quindi più riconoscibile da parte del sistema immunitario - spiega Germano -. Siamo andati oltre, chiedendoci se farmaci antitumorali o elementi presenti in natura, come la vitamina C, potessero fare lo stesso e magari selezionare tumori molti diversi, quindi potenziali patogeni, o potenziare l’azione del sistema immunitario». Una decisione controcorrente. I meccanismi che riparano il Dna quando ci sono dei cambiamenti o degli errori sono fondamentali perché il cancro non si sviluppi: «Siamo andati nella direzione opposta - prosegue il ricercatore -, cioè abbiamo rotto il meccanismo di riparo per far fare al cancro molti più errori perché questi avrebbero creato ancora più novità per il sistema immunitario».

I dati emersi dallo studio pongono ora le basi per sfruttare l'eterogeneità tumorale allo scopo di incrementare la frazione di pazienti affetti da cancro del colon-retto che possono potenzialmente beneficiare dell’immunoterapia: «Abbiamo aperto uno scenario per studi futuri, lanciando un’idea nuova - prosegue Giovanni Germano -. Voglio ringraziare il professore Bardelli e Vito Amodio, primo firmatario dello studio». E precisa: «Seppur incoraggianti, i risultati ottenuti sono stati generati in animali di laboratorio. Al momento, stiamo verificando se possano essere trasferiti a breve in clinica».

Tag:

Caricamento commenti

Commenta la notizia