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Braccio di ferro tra i giudici sull'avvocato di Augusta Piero Amara, il pg: «Non è vero che collabora»

L'avvocato Piero Amara

Al centro di diverse e delicate inchieste, l’avvocato di Augusta Piero Amara ha ottenuto la semilibertà per la sua «attività di collaborazione» riconosciuta dal Tribunale di sorveglianza di Perugia, competente in quanto il legale è detenuto a Terni pur non avendo provvedimenti restrittivi dall’autorità giudiziaria umbra. Presupposti contestati dalla Procura generale del capoluogo umbro, che ha deciso di impugnare la decisione in Cassazione. Ritiene infatti che «dalle condotte tenute dal Sig. Amara nei procedimenti penali, nei quali è attualmente sottoposto ad indagini, non emerga la volontà di collaborazione, ma al contrario si sia in presenza di una commissione sistematica di reati gravissimi, con una disinvolta spregiudicatezza volta ad inserirsi in un contesto criminale di destabilizzazione delle istituzioni e di discredito e di sfiducia nel sistema giudiziario».

Una posizione che il procuratore generale Sergio Sottani ha messo nero su bianco in un comunicato stampa. Amara è tra l’altro personaggio centrale dell’indagine della procura di Perugia, guidata da Raffaele Cantone, sulla presunta «Loggia Ungheria», partita dagli ormai famosi verbali dell’ex legale esterno di Eni resi nel capoluogo lombardo nell’ambito dell’inchiesta sul cosiddetto «falso complotto», tra dicembre 2019 e gennaio 2020, e poi trasmessi per competenza nel capoluogo umbro. Fascicolo ancora aperto e per il quale gli accertamenti sono coperti dal massimo riserbo. Opponendosi alla concessione della semilibertà, la procura generale perugina sostiene tra l’altro che «nel procedimento in esame non sono state consultate alcune delle autorità giudiziarie ove pendono i procedimenti penali a carico del Sig. Amara, per cui non risulta dimostrato il presupposto della collaborazione».

«Per di più - prosegue la nota dell’Ufficio -, l'emissione in questi stessi procedimenti di atti contenenti l'avviso della conclusone delle indagini ipotizzano reati di particolare gravità che smentiscono la tesi del tribunale». In effetti, ad avviso della Procura generale, «non è dimostrato che l’attività collaborativa del Sig. Amara sia stata leale e piena, in quanto questi ha taciuto fatti criminosi di particolare gravità. Inoltre, non è dimostrato che vi sia stata una coerente dichiarazione autoaccusatoria, perché in alcuni casi il Sig. Amara è stato sottoposto ad indagini a seguito di dichiarazioni rilasciate da altri soggetti».

Diversa, invece, la posizione del Tribunale di sorveglianza di Perugia che l’8 marzo ha concesso la misura alternativa al carcere ad Amara per svolgere in regime di semilibertà attività di volontariato e di pubblica utilità. Decisione presa «in difformità delle richieste formulate in udienza dal rappresentante della Procura generale», si sottolinea ancora nel comunicato di quest’ultima. Il tribunale ha infatti ritenuto di accogliere la richiesta in quanto Amara - sempre in base a quanto reso noto dalla Procura generale - «ha manifestato la volontà di ripudio della condotta in precedenza tenuta, mediante l'attività di collaborazione che sarebbe dimostrata da dichiarazioni, auto ed etero accusatorie, rese presso diverse autorità giudiziarie».

«Al punto che, sempre secondo la decisione del Tribunale di sorveglianza perugino - si legge ancora nella nota -, molti procedimenti penali instauratisi traggono origine proprio dall’intensa attività di collaborazione, tanto più duratura quanto più penetrante è stato il coinvolgimento del Sig. Amara negli ambiti del potere. In definitiva, sempre ad avviso del Tribunale di sorveglianza, il percorso detentivo ha rappresentato per Amara un effettivo senso di liberazione da atteggiamenti di vita condotti nel passato, che lo hanno portato ad esaltarsi del successo raggiunto nella carriera e del potere che ne era conseguito, per cui rispetto ai reati commessi si sta assistendo ad un processo di ripensamento del vissuto, con l'impegno di un reale cambiamento». Tesi opposte, dunque, sulle quali dovrà ora esprimersi la Cassazione.

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