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Da un capannone in Libia allo sbarco ad Augusta, la storia di Testimony

È nato in Libia, in una casa che è meglio definire una prigione, nella quale i suoi genitori sono stati rinchiusi nel dicembre dello scorso anno

AUGUSTA. Testimony ha solo una settimana di vita. Nato in un capannone 'prigione' in Libia dove i suoi genitori aspettavano di partire per il viaggio della speranza. C'è anche lui in mezzo ai 1.135 emigranti che affollano la Bourbon Argos di Medici senza Frontiere. E' con i genitori, Nordine e Blessy, nigeriani.

Tutti sottoposti a controlli medici e alle procedure di identificazione e poi condotti nella tendopoli da 400 posti che si trova nel porto commerciale di Augusta. Sono lente le procedure per i 1.135 migranti, tra cui 149 donne e 16 bambini, questi ultimi tutti appartenenti a nuclei familiari.

Ci sono anche 17 donne incinta che vengono trasferite in ospedale per controlli. Testimony è tra le braccia della madre, con la quale ha già affrontato una traversata di sette ore dalla Libia fino a quando la Bourbon Argos non li ha raccolti in mare aperto.

È nato in Libia, in una casa che è meglio definire una prigione, nella quale i suoi genitori sono stati rinchiusi nel dicembre dello scorso anno: la madre impossibilitata ad uscire sorvegliata da uomini armati, il padre costretto ai lavori forzati. La storia raccolta dai volontari di Medici senza frontiere è una delle migliaia che si potrebbero raccontare.

Alcuni anni fa il padre Nordine, 27 anni, e la mamma Blessy, 23, sono scappati dalla Nigeria del nord dove imperversano conflitti. Arrivano in Libia e Nordine trova lavoro come autista per una compagnia petrolifera. Vivono in una casa a Tripoli, pensano di essere riusciti a fuggire alla guerra, ma una notte un gruppo di uomini armati fa irruzione e li rapisce.

Da quel giorno vengono tenuti prigionieri: Blessy è incinta e partorisce restando in quella prigione in condizioni difficilissime. Due giorni fa trovano posto in un gommone e oggi una speranza di vita migliore.

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