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Siracusa, soccorso un barcone: a bordo una vittima

SIRACUSA.  Saranno donati gli organi di una donna siriana, in fuga da Damasco, giunta in fin di vita, il 28 agosto su un barcone a Siracusa, e poi morta nell'ospedale Umberto I. La profuga di 49 anni, che viaggiava con il marito e i due figli, era stata trasferita all'ospedale per un arresto cardiocircolatorio. Ma i tentativi dei medici di salvarle la vita sono stati vani. I rianimatori hanno quindi chiesto al marito l'assenso alla donazione degli organi che è stato dato.


Quando gli uomini della Guardia costiera sono arrivati, a 35 miglia a sud-est della costa di Siracusa, sul barcone dei migranti hanno trovato una donna morta, coperta con un telo, l'ennesima vittima della quotidiana tragedia dell'immigrazione. E' una palestinese di 52 anni, che viveva in Siria e soffriva di asma. Il suo fisico non ha retto. E, intanto, il premier Enrico Letta si aspetta che "i venti di crisi che vengono dal Medio Oriente e dalla Siria, oltre alla instabile situazione in Egitto e in Libia, portino a una recrudescenza del problema migratorio".   
Sullo stesso barcone viaggiavano anche il marito, affetto da un handicap alla gamba, e i due figli (23 e 29 anni) della coppia. La morte risalirebbe a due giorni fa. Il pm Marco Bisogni ha autorizzato il trasferimento della salma all'obitorio. Un'altra donna, in stato di gravidanza, e' stata invece ricoverata in ospedale per accertamenti. Sulla barca in avaria, che dopo il trasbordo è stata lasciata alla deriva nel Canale di Sicilia, c'erano 104 migranti, egiziani e siriani in fuga dalla guerra.    Da mesi la Calabria e la costa sud-orientale della Sicilia sono le mete principali dei flussi migratori. I porti d'imbarco, secondo quanto osservano esperti e studiosi di geopolitica, sono quelli egiziani, dove si radunano anche i profughi provenienti dalla Siria per fare rotta verso l'Europa, affrontando una traversata molto più lunga rispetto alla tratta che dalla Libia (ormai off-limits) li portava a Lampedusa. I mezzi utilizzati, pescherecci tra i 15 e i 20 metri, "sono la prova - spiega il professor Fulvio Vassallo, docente di diritto d'asilo dell'università di Palermo - che i trafficanti non si servono di navi madre: se così fosse, basterebbero dei piccoli gommoni per affrontare le ultime miglia fino alla terraferma". Secondo Vassallo "occorre creare un corridoio umanitario per consentire a queste persone di arrivare legalmente in Europa, come accadde nel '99, durante la crisi del Kosovo, quando in un mese giunsero 5.800 persone a Comiso, ben più dei duemila provenienti illegalmente dalla Siria e dall'Egitto".  "L'Italia, nonostante la grave situazione del momento, fa ancora valere - aggiunge - l'accordo di riammissione firmato nel 2007 con l'Egitto, che consente di respingere gli immigrati nel paese di provenienza, come è accaduto recentemente per alcune persone arrivate in Calabria e a Catania; e non si pone il problema di quello che accade nel centro per i minori di Priolo (Siracusa), dove la struttura non è per niente adeguata alle norme internazionali per l'accoglienza dei minorenni".   
Critico verso i Cie anche il viceministro dell'Interno, Filippo Bubbico. "Bisogna sostenere gli sforzi - ha osservato - perché l'Italia sia riconosciuta dall'Unione Europea come luogo di frontiera per gli sbarchi, ma, al tempo stesso, dobbiamo impedire in ogni modo che i Cie si trasformino in lager". Per Bubbico "le condizioni umilianti affrontate da migliaia persone in fuga dalla disperazione sono uno schiaffo alla civiltà e alla tradizione di accoglienza del nostro Paese. Dobbiamo impedire che tutto questo continui".


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