Presso la cattedrale di Noto si sono svolti oggi i funerali del Carabiniere Francesco Scatà, classe 1920, morto a Francoforte sul Meno (D) nel 1945, dopo essere stato catturato nel corso del secondo conflitto mondiale.
Il Comandante Provinciale dei Carabinieri di Siracusa, Colonnello Gabriele Barecchia, nel corso di una breve allocuzione, ha evidenziato ai presenti che la funzione religiosa non è una mera rievocazione di un certamente drammatico periodo della nostra storia e nemmeno un ripetitivo quanto sterile rituale, piuttosto si propone di indicare a simbolo ed esempio per tutti, l’invitta fedeltà e la profonda consapevolezza della propria missione, che Francesco e tutti i suoi commilitoni hanno testimoniato in quegli anni, sino all’estremo sacrificio. Nel linguaggio formale dei gesti, come nel susseguirsi cadenzato degli ordini militari, v’è l’intenzione di esprimere, in modo pieno e concreto, il senso più profondo ed intimo dell’onore che si intende tributare loro.
Il Col. Barecchia ha concluso il suo intervento ricordando che “il loro esempio, ci rammenta che la libertà e la sicurezza dei popoli, presupposti indispensabili per una serena convivenza civile, devono essere difese sempre, anche a prezzo della vita. Ed è mio, nostro dovere “ricordare”. Il ricordare, infatti, è atto vitalizzante: nel ricordare chi non è più tra noi, v’è la forza di un atto generativo, poiché in esso si perpetua una presenza che, pur se non fisica, ne conserva i caratteri distintivi. Dal ricordo, le nuove generazioni traggono insegnamento per non commettere gli stessi errori; dal ricordo di uomini come Francesco emerge la fiducia in un futuro migliore e dal ricordo dei nostri caduti, noi Carabinieri del 21° secolo traiamo la forza per proseguire, con onore, nel solco delle loro nobili gesta. Essere cittadini liberi oggi e poterli commemorare, è, senza alcun dubbio, il frutto anche del loro sacrificio di sangue e noi, nel ricordarli, dobbiamo farne tema di costante insegnamento, poiché è attraverso il loro comportamento onorevole e conforme a quegli ideali, che, a caro prezzo, è stata pagata la nostra libertà. Ed è con questo spirito che oggi rendiamo omaggio ai nostri Caduti: tedofori di un perenne messaggio di dedizione, altruismo e senso del dovere.”
Ecco una breve storia degli eventi della vita militare del carabiniere Scatà
Già nel 1877, una Circolare del Ministero della Guerra, per la prima volta, prevedeva l’impiego di reparti dell’Arma dei Carabinieri in caso di mobilitazione, per il disimpegno dei compiti di polizia militare al seguito delle truppe dell’Esercito; 53 Sezioni in 1^ e 2^ linea.
Le Sezioni venivano fornite e formate dalle Legioni territoriali soltanto all’atto della mobilitazione: ogni Legione formava 3 Sezioni di Carabinieri Reali occorrenti al Corpo d'Armata nel quale aveva sede la Legione. Le Legioni territoriali interessate erano quelle di Milano, Verona, Bologna e Firenze, quest’ultima proprio quella da cui dipendeva il giovane Francesco.
Il 1° settembre 1942, il Carabiniere Scatà, già lontano dalla sua amata Sicilia, venne inserito nell’organico della 142^ Sezione Carabinieri misti mobilitati, comandata dal Maresciallo Maggiore Giuseppe Cioppa e, partiti da Firenze e assegnati al 1^ Corpo d’Armata, raggiunsero nel gennaio 1943 il sud della Francia e si stabilirono a Grasse, un paesino - ora turistico - arroccato sulle alture della Costa Azzurra.
Vi rimasero, svolgendo compiti di Polizia militare, sino alla nota data dell’8 settembre, quando vennero fatti prigionieri dalle truppe tedesche e deportati in Germania in qualità di “internati” e non di “prigionieri di guerra”. Tale differente condizione li sottrasse alla Convenzione di Ginevra, talchè la già gravosa prigionia, come forza lavoro con turni e condizioni disumane, fu ancor più tremenda (ad esempio, non potevano ricevere alcun supporto dalla Croce Rossa). Sebbene, però, la maggior parte dei Carabinieri Reali di questa e di altre Sezioni deportate riuscirono a sopravvivere, la giovane vita di Francesco cessò, a 24 anni, poco prima della liberazione, il 27 gennaio 1945, all’Ospedale di Landau-Westhausen, per una grave malattia.
La triste notizia giunse, tramite i comandi dell’Arma, in Italia fino alla sua Famiglia. Successivamente, venne censito dal “Commissariato Generale per le Onoranze ai Caduti” e, quindi, gli venne tributato lo status di “Caduto in Guerra”, cui spetta, per legge, la sepoltura perenne, sino ad oggi garantita, in quella stessa terra straniera ove morì, nel Cimitero Militare Italiano d’Onore di Landau, nei pressi di Francoforte sul Meno, e solo l’affetto incondizionato della sua Famiglia, a distanza di oltre 70 anni, gli ha permesso di far ritorno all’amata terra natia.
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