La drammaticità della crisi in Ucraina e lo svolgimento di orrori quotidiani nel cuore dell’Europa ripropongono l’urgenza dell’applicazione di una giurisdizione universale che consenta di mettere fine all’impunità dei criminali internazionali e di poterli arrestare e processare anche qualora si trovino in Italia. A farci il punto della situazione è l’avvocato Ezechia Paolo Reale, segretario generale del Siracusa International Institute for Criminal Justice and Human Rights (sino al 2018 conosciuto come Istituto Superiore Internazionale di Scienze Criminali – Isisc).
Avvocato, la drammatica guerra in Ucraina ha portato una novità nel campo della giustizia interazionale, almeno per l’Italia…
«Il Governo con il ministro Cartabia ha deciso di costituire una commissione per la realizzazione di un Codice per i crimini internazionali che sia valido anche in Italia, per avere la possibilità di perseguire anche in Italia chi ha commesso anche altrove crimini di guerra o contro l’umanità. La Corte penale internazionale è attiva dal 2002 e noi con il lavoro dell’Istituto di Siracusa fin dal 1995 abbiamo contribuito con un percorso scientifico che ha consentito la formazione della Corte stessa. Il Trattato della corte internazionale aveva richiesto a tutti i Paesi di produrre una legislazione nazionale che consentisse di eliminare l’impunità in tutte le parti del mondo, ma l’Italia purtroppo è un po’ in ritardo, infatti dopo 20 anni questa legislazione l’Italia non ce l’ha mentre il resto d’Europa sì».
E ora ce l’avremo?
«La guerra in Ucraina ha rappresentato uno stimolo per il governo per agire, e per farlo in fretta, infatti abbiamo un mandato brevissimo, fino 30 maggio, perché c’è urgenza. Finora forse non c’era fretta perché si pensava che certe cose in Europa non potessero mai più accadere».
E ce la farete con i tempi?
«Siamo molto ottimisti di stare nei tempi perché la commissione è composta di tutti esperti con oltre 25 anni di studi approfonditi in materia, ma il problema del passato e del futuro è nei tempi e nella volontà del Parlamento e della politica. Sei o sette disegni di legge sono già stati affondati in Parlamento da 2003. Speriamo stavolta sia diverso».
Cosa cambia in concreto con questo Codice? Oggi chi ha commesso crimini di guerra non può essere perseguito?
«Se chi ha commesso crimini venisse in vacanza in Italia oggi forse non lo si potrebbe arrestare e processare. O meglio, a mio avviso si potrebbe ma sarebbe un po’ una forzatura, uno sforzo di volontà più che un atto normale. Con il codice diventerebbe doveroso e normale. Si tratta dell’applicazione della giurisdizione universale».
E quale sarebbe il giudice naturale dell’indagato?
«Verrebbe giudicato in Italia ma si potrebbe anche scegliere di cederlo al tribunale internazionale. Una scelta che viene fatta in base all’importanza e alla consistenza dei crimini perseguiti e del soggetto imputato. La proposta di legge prevede comunque di non disperdersi nei singoli tribunali locali ma di istituire un tribunale unico a Roma, per accentrare le competenze. Inoltre facciamo una riflessione sul ruolo dei tribunali militari».
Ci aiuta a fare chiarezza sui tipi di crimini?
«Il più grave crimine di guerra è il crimine di aggressione, cioè di chi è a capo di un governo e delle forze armate e decide di portare la guerra contro uno stato sovrano: è il crimine supremo contro la pace. Poi ci sono i crimini di guerra, cioè quelli commessi all’interno di un conflitto armato e in connessione con questo conflitto. I crimini di guerra riguardano quei reati commessi come metodologia di combattimento, come metodo per spezzare la resistenza, e che infrangono tutta una serie di divieti e regole internazionali. I crimini contro l’umanità avvengono fuori da una situazione di conflitto internazionale, ad esempio all’interno di sistemi dispotici contro i propri cittadini».
Cosa differenzia i crimini di guerra da quelli comuni?
«I crimini di guerra riguardano come combatti, metodi sleali di guerra e combattimento. In guerra alcune cose cambiano. Se distruggi un edificio in tempo di pace commetti un certo reato. Se colpisci una caserma in guerra non è un reato. Se distruggi un ospedale o commetti uno stupro in guerra è più grave che in condizioni normali. Nei crimini di guerra normalmente le pene vengono aumentate del 50% rispetto all’omologo reato normale».