Lella Costa a Siracusa è la vedova di Socrate. Santippe, moglie di Socrate, insopportabile secondo Senofonte, rivalutata da Platone nel Fidone. Santippe è una donna fiera, gestisce un negozio di antiquariato, rifornito dal marito che si diverte a rubare nelle case nelle quali viene invitato. Tra un epitaffio di Sicilo e un inno a Nemesis, in maniera ironica e divertente, Lella Costa interpreta «La vedova di Socrate», testo scritto da Franca Valeri, in prima nazionale al teatro greco di Siracusa per «Inda 2020 Per voci sole», il programma speciale della Fondazione dell’Istituto nazionale del dramma antico «pensato» nella fase post covid. La Vedova Socrate, liberamente tratto dall’opera Der tod des Sokrates (La morte di Socrate) di Friedrich Dürrenmatt (per gentile concessione di Diogenes Verlag AG) ha la regia di Stefania Bonfadelli ed è stato scritto e interpretato da Franca Valeri a partire dal 2003. Sulla scena Lella Costa e la maschera di Socrate appesa ad un palo e sullo sfondo l’antica cavea. Un monologo nel quale Santippe si sfoga per quello che le hanno fatto passare gli amici di Socrate come Aristofane, Alcibiade e soprattutto Platone, principale bersaglio polemico dello spettacolo: Santippe non sopporta che quest’ultimo abbia usurpato le idee del consorte, anche se fu molto fedele nel riportarle, e così lo degrada a un semplice copista. Visibilmente emozionata l’attrice milanese, che raccoglie il testimone da Franca Valeri, è padrona della scena: l’applauso scatta anche quando dimenticando le parole del copione, invoca l’aiuto di Zeus e degli dei in questo tempo. «Mio marito corruttore? Non credo proprio. I giovani lo seguivano». Santippe racconta della cicuta bevuta due volte: dopo la condanna a morte del filosofo fu Aristofane, poeta in disgrazia, a bere la cicuta e ingannare tutti. Socrate fuggì a Siracusa, con Santippe e Platone, e fu condannato una seconda volta. Questa volta dal tiranno Dionigi che non aveva sopportato la capacità di Socrate di reggere il vino. Alla fine tocca alla vedova raccontare tutti i personaggi, banali e imbarazzanti. Su tutti Platone invidioso e capace solo di rubare le idee del marito «Mi dovrebbe dare i diritti d’autore». Poi un discorso dedicato alle donne: «Un pensiero non serve a niente se non è una risposta», dice rivolgendosi a due finte discepole Elocula e Diossina. «Quando gli uomini ci daranno ragione? Solo quando saranno maschere!». Ed infine: «La morte di un marito è un così grande dolore che nessuna donna ci rinuncerebbe». Al termine dello spettacolo un pensiero a Franca Valeri: «Spero che tutti voi vi uniate a me nel rivolgere infiniti auguri a Franca che fra pochi giorni (il 31 luglio) compirà cento anni. Per me è un’immensa emozione essere qui, in questo teatro, e recitare le sue parole». A curare il disegno luci dello spettacolo è Cesare Agoni. La produzione è del Centro Teatrale Bresciano con la Fondazione Inda, il progetto è a cura di Mismaonda.