SIRACUSA. Un dramma domestico che corre in rivoli verso la fine e si trasforma in una «sceneggiata»: il regista Valerio Binasco cala «Le Fenicie» di Euripide nel mondo Rom, condensandola in un gioco di potere e diplomazia, dove tutto è polveroso, sporco, misero. E le Fenicie sono donne straniere, profughe, nascoste dietro una maschera che le rende uguali le une alle altre, testimoni imbambolate come Matrioske lontane.
A differenza dei «Sette contro Tebe» dell’altra sera, questa seconda tragedia del ciclo classico ha portato nel Teatro Greco di Siracusa lo scontro corpo a corpo, drammaturgico e scenico, ma anche una sulfurea e velocissima virata verso la farsa, che diverte il pubblico ma rende il racconto della battaglia tra i due fratelli – che probabilmente il buon Euripide aveva impiegato un po’ ad ideare e non avrebbe molto amato di veder ridotta ad una telenovela – un capitolo di Gomorra in terra gitana.
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