
Decenni prima degli attacchi di Hamas, fu scritto un altro sanguinoso capitolo del terrorismo contro gli ebrei. Quarant'anni fa, il 7 ottobre 1985, al largo delle coste egiziane fu presa d’assalto l’Achille Lauro, la nave con 545 persone, ostaggio di un commando di quattro dirottatori sfuggiti al controllo dell’Organizzazione per la Liberazione
della Palestina. Uno di loro uccise il 53enne statunitense di fede ebraica Leon Klinghoffer, un uomo in sedia a rotelle il cui cadavere fu gettato in mare con la carrozzina: l’omicidio, dopo una trattativa di tre giorni e la resa dei sequestratori, spostò l'epicentro della crisi diplomatica nella base Nato di Sigonella in Sicilia.
Qui, con i militari italiani e Usa a fronteggiarsi per ore sulla pista d’atterraggio, cominciò un braccio di ferro tra Craxi e Reagan. Dopo aver fatto dirottare il boeing egiziano con i sequestratori già catturati verso il nostro Paese, gli Stati Uniti incassarono il "no" dall’Italia sull'estradizione dei killer di Klinghoffer. Furono processati a Genova e condannati, ma ancora oggi sulla vicenda del sequestro restano costanti i contributi alla memoria collettiva su un caso che, nonostante sentenze e colpevoli, resta ancora incompleto.
«È stato dai media che abbiamo saputo che c'era stato un decesso ed era Leon Klinghoffer», spiega in un documentario - realizzato da SkyTg24 - Ilsa Klinghoffer, una delle due figlie della vittima, che era in crociera sulla Achille Lauro assieme alla moglie.
«Non ci potevamo credere, non riuscivamo a comprendere che qualcuno potesse aver ucciso una persona su una sedia a rotelle. Eravamo sopraffatti. Quando nostra madre riuscì a chiamarci, non aveva idea che tutto il mondo sapeva cosa stava succedendo. Ci disse: "io ho versato le mie lacrime, ora fatelo voi. Vostro padre era un eroe"».
A restare inevitabilmente segnato da quella vicenda è anche uno dei membri dell’equipaggio, Pasquale Di Vanna, che all’epoca - appena 25enne - era terzo ufficiale di macchina dell’Achille Lauro: «Sono passati 40 anni, ma quella vicenda non ha insegnato nulla. Nessuno ha mai trovato una soluzione. Vicende come queste sono destinate a ripetersi in eterno».
Alessandro Famularo allora era invece un giovane avvocato che lavorava per Gianfranco Pagano, legale dei terroristi, e in questi anni ha raccolto frammenti e documentazioni sulla vicenda. «Attraversavamo un periodo storico in cui le azioni da parte dei terroristi palestinesi erano dimostrative ed eventuali vittime rappresentavano gli "effetti collaterali" di quei tentativi, che non avvenivano quasi mai con la pianificazione di stragi. Nel tempo c'è stata un’escalation anche da questo punto di vista, comprese le reazioni agli attentati stessi, come quanto sta avvenendo a Gaza». Pagano rivelò a Famularo - secondo quanto lui stesso ricorda - che «Al Molqi (capo dei sequestratori ed esecutore dell’omicidio, espulso in Siria sedici anni fa dopo 23 anni di carcere in Italia, ndr) confidò di aver perso la testa e di aver ucciso Klinghoffer perché durate uno spostamento lui lo aveva colpito con un bastone. L'omicidio non era una cosa premeditata, l’obiettivo era lo scambio di prigionieri e l’episodio incise sulla strategia dei terroristi. È per questo che poi l’Olp scaricò gli imputati prendendone le distanze togliendogli l’appoggio politico», spiega Famularo.
Nel 2009, dopo aver scontato oltre 23 anni di detenzione ed essere scarcerato, Al Molqi fu estradato poco dopo in Siria e di lui non si seppe più nulla. Il giorno dopo la sua partenza Khalid Hussein, anche lui tra i condannati, si uccise a 79 anni nel carcere di Benevento. A denunciare quella situazione fu la stessa moglie dell’ex terrorista, Carla Biano, a sua volta ex militante di un gruppo eversivo di estrema sinistra, che lo aveva sposato per corrispondenza. Anche di lei ormai si sono perse le tracce.
Di quei giorni restano ora le parole di Ilse in una video intervista all’Anti Defamation League, dolorose ma lucide allo stesso tempo: «Eravamo sopraffatte ma mia madre volle rispondere alla violenza: fece causa anche all’Organizzazione per la Liberazione della Palestina e da quel momento fu possibile per i cittadini americani vittime di terrorismo chiamare in causa anche i governi».
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