Tredici condanne, comprese tra sei anni e 24 anni e sei mesi, per complessivi 190 anni circa di reclusione e tre assoluzioni: è la sentenza emessa dal Tribunale di Siracusa del processo contro il clan mafioso Trigila accusato di gestire un «traffico di sostanze stupefacenti» e di imporre «il controllo e la gestione di attività economiche che avrebbero avuto una posizione dominante nei comparti del trasporto su gomma di prodotti orto-frutticoli, della produzione di pedane e imballaggi e della produzione e commercio di prodotti caseari». Il procedimento è stato incardinato su un’informativa della Squadra mobile della Questura di Siracusa nell’ambito dell’operazione Robin Hood, del 2021, eseguita anche da Carabinieri e Guardia di finanza. L’inchiesta è stata coordinata dalla Dda di Catania che ha rappresentato l’accusa in aula con il pm Alessandro Sorrentino. Le pene maggiori sono state comminate ad Antonio Giuseppe Trigila, di 73 anni, condannato a 24 anni e sei mesi, storico capo dell’omonimo clan che avrebbe continuato a gestire dal carcere tramite i familiari, e a suo figlio Giuseppe Trigila, di 50 anni, condannato a 20 anni, ritenuti i capi e i promotori dell’associazione. Condannati anche Giuseppe Crispino (16 anni), la figlia del capomafia, Angela Trigila (12 anni) e sua moglie, Nunziatina Bianca (16 anni) ritenuti organizzatori della cosca che era operante principalmente nei territori della zona sud-orientale della provincia di Siracusa: a Noto, Avola, Pachino e a Rosolini. Queste le altre condanne: Marcello Boscarino, 6 anni, Graziano Buonora, 13 anni, Giuseppe Caruso, 17 anni e sei mesi, Giuseppe Crispino, 16 anni, Francesco De Grande 16 anni e otto mesi, Emanuele Eroe, sei anni, Angelo Monaco, 12 anni, Trigila Gianfranco, di 50 anni, condannato a 15 anni di reclusione. Assolti: Alessandro Della Luna, Giovanni Gallieco e Carmelo Trigila, di 64 anni. Nella foto un frame di una intercettazione del boss in carcere