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Lavorò ad Augusta e morì per l'amianto killer sulle navi militari, condannati due ministeri

Il Tribunale di Torre Annunziata ha condannato il Ministero della Difesa e il Ministero dell’Interno a riconoscere vittima del dovere il motorista navale di Torre del Greco, Mario La Rocca, morto nel 2017 a 69 anni di mesotelioma per l’esposizione alla fibra killer. Lo rende noto, in un comunicato, l’Osservatorio Nazionale Amianto. I due ministeri - riporta la nota - sono stati condannati a risarcire la vedova, che potrà anche beneficiare dell’assistenza psicologica a carico dello Stato, con una speciale elargizione di 350mila euro e con una rendita mensile (assegni vitalizi), di 1900 euro.

Il motorista era stato nella Marina Militare tra il 1968 e il 1970 prestando servizio al Centro di Taranto, Augusta e Ancona, ed era stato esposto all’asbesto quotidianamente, in particolare a bordo nave. Contenevano amianto non solo i motori, ma anche i rivestimenti delle tubature che portavano i fluidi, che raggiungono temperature elevatissime e che si degradano velocemente. Lo stesso avveniva a terra. Tutto ciò senza informazioni, secondo l’accusa, sui pericoli dell’esposizione e senza strumenti di protezione individuale. La vedova, Erminia Di Maio, è stata assistita, insieme con i figli Raimondo e Cira dall’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto che, «è riuscito a dipanare una situazione complessa - si legge nella nota - per il fatto che l’uomo aveva lavorato sempre a contatto con la fibra killer, anche per il Ministero dei Trasporti e della navigazione e per la Tirrenia Navigazione Spa».

Bonanni è riuscito a dimostrare che l’esposizione avvenuta in Marina è stata determinante per l’insorgere della malattia, che si è manifestata ben 48 anni dopo. Due consulenti tecnici sono arrivati alla stessa conclusione. In particolare il consulente tecnico Luigino Di Napoli, nominato nel processo, ritiene che “l’esposizione ambientale nel periodo della leva militare per gli incarichi certificati, possa essere considerata fattore concausale della patologia esitata nel decesso». La vicenda giuridica non si conclude qui perché il Tribunale ha liquidato gli importi soltanto nei confronti della vedova. La sentenza sarà impugnata dagli orfani Raimondo e Cira (per il Tribunale non aventi diritto perché all’epoca della morte del papà non erano a suo carico), per i diritti negati quali vittime del dovere, riconoscimento acquisito, invece, dal fratello Francesco (alla scomparsa a carico del genitore), che ha ottenuto dal Tribunale di Bergamo 120mila euro e un assegno mensile di 1900.

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