Performance da fare invidia ad un avviato studio legale quelle di Alessio Attanasio, classe 1970, in carcere dal 2002 e sottoposto al 41-bis a causa di più condanne per mafia, l’ultima a 30 anni, ritenuto uno dei boss del clan Bottaro Attanasio di Siracusa. Forte della sua laurea in giurisprudenza, presa in carcere, al pari di quella in scienza della comunicazione, ha fatto arrivare in Cassazione, dal 2017 ad oggi, circa 670 ricorsi, che hanno impegnato la Suprema corte con 320 sentenze e 353 ordinanze. Lo scrive il Sole 24 Ore. Dal carcere di Sassari, di Terni di Novara o di Milano Opera, Attanasio ha impegnato i giudici con le sue mille segnalazioni di trattamenti inumani e degradanti, a suo dire messi in atto nei diversi istituti. Senza dimenticare di coinvolgere anche la Corte europea dei diritti dell’Uomo che ha bollato però il ricorso come irricevibile e salvato il 41-bis. Nel curriculum di Attanasio anche un libro “autobiografico” dal titolo “l’infermo dei regimi differenziati”, sottotitolo “lasciate ogni speranza voi che entrate”. L’ultima risposta ad Attanasio della Suprema corte è arrivata con la sentenza 22760. La Cassazione ricorda che il Tribunale di Sorveglianza ha accolto il ricorso di Attanasio contro il divieto dell’amministrazione penitenziaria di far utilizzare, per ragioni di salute, al ricorrente una sedia con lo schienale, al posto del normale sgabello in dotazione nelle celle del 41-bis. Ad avviso del Tribunale, infatti, il no alla sedia ergonomica non era giustificato perché l’uso non aveva impatto sulle finalità di controllo imposte dalla sorveglianza particolare del detenuto prevista dall’ articolo 14-bis dell’ordinamento penitenziario. Ed proprio contro questa misura che è scattato l’ultimo, ma solo in ordine di tempo, ricorso di Attanasio, finito all’attenzione della prima sezione penale. Per la Cassazione però la sorveglianza particolare - che non è incompatibile con il regime del cosiddetto carcere duro del 41-bis - è giustificata a causa «dell’atteggiamento fortemente oppositivo assunto nei confronti della casa circondariale di Novara e delle proteste intramurarie, costanti e reiterate nel tempo, che avevano determinato una situazione di instabilità, all’interno dell’intera struttura penitenziaria». Atteggiamenti che hanno fatto scattare l’applicazione della sorveglianza “speciale” che può essere disposta nei confronti di detenuti, che compromettono la sicurezza e turbano l’ordine del carcere; che con violenza o minaccia impediscono l’attività degli altri detenuti o che nella vita penitenziaria si avvalgono dello stato di soggezione degli altri detenuti nei loro confronti. A supporto della misura erano state valorizzate anche le ben 41 sanzioni disciplinari che Alessio Attanasio aveva totalizzato, in meno di due mesi: dal 19 gennaio 2021 al 22 marzo 2021. Un quadro che imponeva maggior rigore nella sorveglianza, per evitare ulteriori rischi per la sicurezza interna e interrompere le continue proteste che avevano finito per condizionare in negativo il comportamento degli operatori penitenziari «continuamente minacciati e derisi, rendendo elevati i rischi di comportamenti emulativi all’interno della stessa struttura carceraria». Una lettura dei giudici che, ovviamente, non è condivisa dal ricorrente il quale respinge al mittente l’accusa di avere atteggiamenti personali contro le istituzioni penitenziarie. In realtà secondo Alessio Attanasio le proteste erano giustificate dalle pessime condizioni patite in carcere dai detenuti. Quanto alle 41 sanzioni disciplinari dimostravano solo la persecuzione subìta a causa di rivendicazioni legittime. Ma la tesi delle ritorsioni verso una sorta di “difensore civico”, non passa e il ricorso è inammissibile. Insuccesso che certamente non scoraggerà il ricorrente dal riprendere l’esame dei cavilli giuridici nel suo “ufficio” nella cella del 41-bis, mettendo a frutto lauree prese con il massimo dei voti e la lode. Anche se la stragrande maggioranza dei suoi ricorsi è inammissibile.