In carcere ad Augusta arrivavano telefonini e droga per i detenuti. Lo ha accertato un'indagine della Guardia di finanza del nucleo Pef del Comando provinciale di Catania, che arrestato sedici persone.
Oltre 70 militari delle Fiamme gialle etnee, con il supporto di unità cinofile e della componente Antiterrorismo e Pronto impiego, hanno eseguito un'ordinanza di misure cautelari, emessa dal gip di Catania su richiesta della Dda della Procura etnea, che ipotizza a vario titolo i reati di associazione per delinquere finalizzata al traffico e allo spaccio di sostanza stupefacente e all'indebito procacciamento di apparati telefonici per i detenuti della casa circondariale di Augusta e di corruzione di pubblici ufficiali per atti contrari ai doveri di ufficio.
Era gestito da due detenuti, Dario Giuseppe Muntone, di 36 anni, e Luciano Ricciardi, di 31, con la complicità di un sovrintendente della polizia penitenziaria, di 51, originario di Taranto, il traffico di sostanze stupefacenti nel carcere di Augusta scoperto da un’indagine della Guardia di finanza del nucleo Pef del Comando provinciale di Catania. È la tesi dell’accusa sostenuta dalla Procura di Catania Militari nell’inchiesta 'Prison dealers' delle Fiamme gialle hanno eseguito un’ordinanza cautelare, emessa dal gip su richiesta della Dda etnea, nei confronti di 16 persone che sono state arrestate, una sola posta ai domiciliari.
Secondo l’accusa erano Muntone e Ricciardi, con telefonini cellulari e sim introdotti illegalmente in carcere sempre grazie all’aiuto del sovrintendente della polizia penitenziaria, a coordinare l’attività di loro complici all’esterno del carcere disponendo l’acquisto di cocaina, marijuana, hashish e skunk, le modalità di consegna e la loro vendita nella struttura penitenziaria. L’indagine della guardia di finanza è riuscita a ricostruire cinque consegne in carcere dove la sostanza stupefacente è stata venduta a sette detenuti, anche loro raggiunti da ordinanza di custodia cautelare, che a loro volta la rivendevano ad altri carcerati.
La Dda della Procura di Catania contesta a Pedone, che in cambio dei 'favorì ai detenuti arrestati avrebbe ricevuto somme di denaro, il reato di corruzione per atto contrario ai propri doveri. Il sovrintendente della polizia penitenziaria, il cui ruolo è stato individuato anche grazie al contributo fornito dal gruppo di comando del carcere di Augusta alle indagini del nucleo Pef della guardia di finanza di Catania, secondo i magistrati, "godeva all’interno dell’istituto di connivenze e coperture sulle quali sono in corso ulteriori accertamenti".
Il provvedimento è stato notificato ai detenuti: Dario Giuseppe Muntone, di 36 anni, e Luciano Ricciardi, di 31, ritenuti gli organizzatori del traffico di sostanze stupefacenti; e a Sebastiano Buremi, di 27 anni, Francesco Ferlito, di 43, Giuseppe Genesio, di 33, Francesco Maccarone, di 48, Eros Milone, 23, e Simone Alfio Sapienza, di 23, ritenuti acquirenti e allo stesso tempo rivenditori di dosi di droga.
Arrestato il sovrintendente della polizia penitenziaria Michele Pedone, di 51, originario di Taranto, che avrebbe favorito l’ingresso in carcere di cocaina, marijuana, hashish e skunk e di telefonini cellulari con relative sim. Arrestati e condotti in carcere anche i presunti complici esterni: Giovanna Buda, di 32 anni, Rosaria Buda, di 37, Pietro Orazio Castro, di 28, Santo Riolo, di 39, e Michael Sanfilippo, di 22. Arresti domiciliari per Michael Cusmano, di 20 anni.
Bastava spendere da un minimo di 150 euro per un telefonino di vecchia generazione sino a 500 per uno smartphone con Sim rigorosamente intestata a un immigrato da utilizzare e poi distruggere. Era uno degli affari scoperti da un gruppo criminale all’interno del carcere di Augusta da militari della Guardia di finanza.
L’indagine della guardia di finanza di Catania è stata avviata su indicazione di un pentito di mafia che ha raccontato ciò che avveniva nel carcere di Augusta-Brucoli: scoperta una scheda prepagata al cui interno vi erano 25 mila euro e che veniva utilizzata dalla compagna e dalla cognata di uno dei indagati per gli "affari" dentro il carcere: entrambe sono state arrestate (Rosaria e Giovanna Buda).
Ogni introduzione nel carcere all’organizzazione costava mille euro: settecento destinate al sovrintendente della polizia penitenziaria corrotto, tra gli arrestati, e 300 al giovane che portava droga e telefonini nel carcere. Le consegne ai detenuti il sovrintendente Michele Pedone li effettuava nell’infermeria a detenuti che fingevano di sentirsi male. Droga e telefonini erano nascosti in giubbotti imbottiti.
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