Arrivato il via libera dal Viminale per lo sbarco dei 115 migranti che si trovano dal 25 luglio scorso sul pattugliatore Gregoretti, ormeggiato al pontile Nato della Marina militare nella rada di Augusta. Matteo Salvini concede l'autorizzazione avendo avuto la "certezza" che tutti verranno ridistribuiti in alcuni paesi europei e in strutture messe a disposizione dalla Cei. E dunque, "non saranno a carico dei cittadini italiani". Ma il braccio di ferro sulla pelle di chi scappa dalla Libia non è finito: il ministro dell'Interno ha già firmato il divieto d'ingresso, transito e sosta nelle acque italiane per la Alan Kurdi, la nave della ong tedesca Sea Eye che ha salvato 40 migranti a 30 miglia da Tripoli: "vadano in Tunisia, i porti italiani sono chiusi". Dopo sei giorni costretti loro malgrado a bordo della nave della Guardia Costiera, i migranti possono dunque toccare terra: trasportati all'hot spot di Pozzallo, nel Ragusano, un solo migrante, con una sospetta tubercolosi, è sbarcato intorno alle 13 e in ambulanza è stato trasferito all'ospedale Umberto I di Siracusa. Tutti gli altri sono sbarcati intorno alle 17.30 e sono stati fatti salire sui pullman. Hanno viaggiato separatamente solo una ventina di migranti ai quali è stata riscontrata la scabbia. In totale erano 29 i migranti segnalati dalla Procura di Siracusa che avevano bisogno di cure sanitarie. Ad accoglierli saranno Francia, che ne prenderà 30, Germania, Portogallo, Lussemburgo e Irlanda. Cinquanta, invece, resteranno in Italia, ma non a carico dello Stato. La Cei ha accolto la richiesta del Viminale e si farà carico dell'"ospitalità, dell'accoglienza e dell'assistenza anche legale di queste persone", che andranno nella struttura 'Mondo Migliore' di Rocca di Papa, ai Castelli Romani. L'iniziativa, dice una nota dei vescovi, "si colloca in un orizzonte di collaborazione che vede lo Stato italiano e la Chiesa Cattolica compartecipi nell'assistenza e accoglienza dei migranti". L'annuncio del via libera allo sbarco il ministro lo dà in diretta Facebook. "Ci siamo presi qualche giorno di lavoro per stimolare e svegliare le coscienze, perché sono tutti bravi a fare i generosi con i porti degli altri, e ora posso dire che il problema è risolto". Ma allo sblocco della situazione è indubbio che abbia contribuito anche l'accelerazione impressa dalla procura di Siracusa nella giornata di ieri. Il procuratore Fabio Schiavone, dopo aver aperto un fascicolo senza indagati e ipotizzando il reato di omissione in atti d'ufficio, ha disposto un'ispezione sanitaria a bordo. La relazione degli infettivologi è arrivata questa mattina: "ci sono un caso di tubercolosi e un altro di cellulite infettiva - ha detto il magistrato - 20 di scabbia e qualche altro caso con diverse patologie. In totale sono 29 i migranti con problemi di natura sanitaria" che "devono avere delle cure". E che, dunque, dovevano scendere dalla nave in tempi rapidi. Dalla procura è così partita una lettera per il Viminale in cui si segnalava l'emergenza sanitaria alla quale il ministero ha risposto dopo meno di un'ora, annunciando che il via libera sarebbe arrivato di lì a breve. Una risposta, fanno notare in procura, "immediata e in tempi congrui" che ha di fatto escluso qualsiasi altra iniziativa o ipotesi di reato. Ma per una vicenda che si chiude, un'altra se ne apre. Dopo aver salvato 40 persone al largo della Libia, tra cui un neonato, due bambini e due donne di cui una incinta, la Alan Kurdi ha puntato la prua verso nord. "Chiederemo alle autorità di assegnarci un porto sicuro. E geograficamente Lampedusa è il più vicino". La reazione di Salvini non si è fatta attendere. Prima ha firmato il divieto d'ingresso nelle acque italiane e poi ha fatto sapere che la nave si trova a 60 miglia dalla Tunisia, a 171 da Malta e a 127 da Lampedusa. "Se la Ong ha davvero a cuore la salute degli immigrati può far rotta verso la Tunisia: se invece pensa di venire in Italia come se niente fosse ha sbagliato ministro". Si profila dunque un nuovo braccio di ferro tra il ministro e le Ong e non è un caso che la Commissione europea sia tornata anche oggi a sottolineare quanto sia "urgente" trovare un accordo tra i paesi dell'Ue affinché venga definito un "meccanismo temporaneo, prevedibile e sostenibile" che consenta a chi viene salvato in mezzo al mare di sbarcare in tempi rapidi. Ma ad oggi non c'è traccia di un'intesa.