Il pm della Procura distrettuale di Catania ha chiesto una condanna pari a 3 anni di reclusione nei confronti di Luciano De Carolis, 44 anni, accusato di estorsione aggravata dal metodo mafioso ai danni dei gestori del bar "Cavallino Rosso" in piazza Marconi. Ieri mattina, il magistrato ha replicato all'arringa del difensore dell'imputato, Sebastiano Troia, che ha invocato l'assoluzione ma al tempo stesso ha inflitto delle picconate al castello accusatorio eretto dalla Dda di Catania. De Carolis era stato arrestato un anno fa dai carabinieri del Nucleo investigativo, al comando del capitano Enzo Alfano, per avere avuto uno scontro verbale prima con il banconista poi con una donna, gestore del locale, il «Cavallino Rosso», dove sarebbero avvenuti i fatti. Al centro della vicenda, una consumazione alcolica che De Carolis, in compagnia di altre persone, avrebbe ritenuto insoddisfacente nelle quantità. Secondo quanto ricostruito dalla Procura, sulla scorta delle testimonianza delle presunte vittime e delle telecamere di sorveglianza, De Carolis avrebbe messo sul piatto la sua caratura, in quanto gli stessi magistrati catanesi lo ritengono un esponente del clan mafioso Bottaro-Attanasio. Il difensore del quarantaquattrenne ha messo in evidenza che c'è stata sola una discussione nel locale dove peraltro erano presenti altre persone, entrate insieme all'imputato per la consumazione. Due di queste, nel corso del processo, hanno fornito la loro versione dei fatti, scagionando di fatto De Carolis che, nella loro versione, sarebbe rimasto per alcuni minuti fuori dal bar. Una teste, rispondendo alle domande, ha anche spiegato che De Carolis avrebbe tirato fuori 10 euro, in aggiunta ai 33 euro che aveva consegnato alla cassiera. E ci sarebbe anche uno scontrino che la difesa conta di portare in aula. Un altro testimone, in un'udienza, aveva dichiarato che c'erano state solo delle incomprensioni con il barista perché sarebbe stato parsimonioso nelle quantità di alcool richieste per i loro "sciortini", 6 o 7 in tutto.