Colpo al clan Trigila in provincia di Siracusa. Questa mattina la polizia di Siracusa, su delega della Direzione distrettuale antimafia di Catania, ha dato esecuzione ad ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di otto persone accusate di associazione finalizzata al traffico di droga, tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso, porto e detenzione illegale di armi ed estorsione aggravata dal metodo mafioso per agevolare il clan Trigila. Le indagini sono state condotte dai poliziotti della squadra mobile di Siracusa, con la collaborazione dei colleghi delle squadre mobili di Milano, Messina e Novara. I provvedimenti riguardano Hamid Aliani, 56 anni, marocchino; Nunziatina Bianca, 62 anni, di Noto; Pietro Crescimone, 57 anni, di Lucca sicula; Elisabetta Di Mari, 54 anni, di Siracusa; Giuseppe Lao, 48 anni, di Rosolini; Said Lemaifi, 50 anni, marocchino espulso dall'Italia il 4 dicembre scorso; Angelo Monaco, 63 anni, di Rosolini; Antonino Rubbino, 51 anni, di Rosolini. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti gli indagati avevano messo su una organizzazione specializzata nel traffico di stupefacenti e pizzo. La figura principale è quella di Angelo Monaco, indicato dai magistrati della Dda di Catania come il reggente al clan Trigila di Noto, che avrebbe fatto accordi in Calabria per l'approvvigionamento di droga. Nel maggio del 2017 Monaco insieme al socio Pietro Crescimone fu arrestato a Villa San Giovanni con 71 chili di hashish. L'altra voce di bilancio del gruppo erano le estorsioni: infatti gli agenti di polizia contestano una intimidazione ai danni di un'azienda impegnata nella realizzazione dei lavori sulla Siracusa-Catania. Nella notte tra il 19 ed il 20 maggio del 2017 un gruppo armato composto da Monaco, Lao Rubbino e Crescimone avrebbe esploso dei colpi di pistola contro i mezzi dell'impresa edile. Sono state determinati anche le intercettazioni telefoniche; in una Monaco rivolgendosi ad un imprenditore afferma: "Sono venuto tre volte, non vengo piu'". Per convincere le ditte a piegarsi, in particolare per l'acquisto di una partita di pedane in legno, il gruppo avrebbe fatto visita ad un imprenditore insieme alla moglie del boss di Noto, Antonino Trigila. Alla retata sono sfuggite due persone, entrambi marocchini, attualmente ricercati. L'indagine, denominata "Vecchia maniera", ha documentato anche l'esistenza di una seconda associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, composta da cittadini marocchini con base operativa nella città di Milano e ramificazioni su Messina e Novara. Il gruppo, grazie a una vasta e articolata rete di contatti tra l'Italia e il Marocco, era in grado di far giungere sul territorio nazionale rilevanti quantitativi di droga, che venivano ceduti a vari acquirenti presenti sul territorio nazionale. Una “Vecchia maniera”, che si basava sui pregressi legami instaurati da Angelo Monaco nel corso della lunga carriera criminale con i trafficanti di stupefacenti e sull’intimidazione mafiosa, perpetrata a colpi di arma da fuoco e incendio dei mezzi d’opera ai danni delle ditte che non si piegavano alle richieste estorsive. La moglie del boss Nunziatina Bianca, consorte di Antonino Trigila, sarebbe responsabile di estorsione aggravata dall'utilizzo del metodo mafioso nei confronti di una azienda agricola di Rosolini attiva nella coltivazione, raccolta e lavorazione di prodotti ortofrutticoli. In questo episodio, un ruolo chiave sarebbe stato svolto proprio dalla moglie del capomafia, la quale, spiegano gli inquirenti non avrebbe esitato a presentarsi personalmente al titolare dell'azienda.