MAZZARINO. Non ha battuto ciglio quando in aula, al suo cognome, pesante come un macigno ha echeggiato la parola «ergastolo». Già, perché uno è stato giudicato colpevole di strage ed è stato ritenuto pure uomo di spicco di Cosa nostra, l’altro con l’eccidio non avrebbe nulla a che vedere e neanche con le cosche. È la “lettura” della sentenza a carico di due mazzarinesi tirati in ballo per la strage di Vittoria che, nel gennaio di diciotto anni fa, ha seminato sangue e morte. Anche di chi con la mafia e le sue dinamiche non aveva nulla da spartire. «Fine pena mai», a fronte dei 18 anni di galera rimediati al termine del primo processo, per il presunto boss di Mazzarino, Giuseppe Selvaggio (difeso dagli avvocati Ernesto Brivido e Luca Cianferoni) che è stato ritenuto tra le “menti” dell’eccidio, oltre che uomo di primo piano in seno a Cosa nostra di Mazzarino. Sull’onda dell’appello del pm Rocco Liguori non gli sono state concesse le attenuati generiche di cui ha goduto in Assise. E la difesa ha già preannunciato ricorso in Cassazione.