SIRACUSA. Alcuni ciondolano in mezzo al nulla di periferie degradate da ben prima che loro nascessero. Altri camminano con gli occhi fissi sullo schermo del telefonino, come qualunque adolescente italiano; altri ancora hanno lo sguardo smarrito di chi sa da cosa è scampato ma non sa cosa lo attende. Tutti pensano, sognano, immaginano al giorno che se ne andranno. E intanto aspettano. La Sicilia non è solo il primo approdo di migliaia di disperati: è soprattutto un gigantesco parcheggio per i minorenni non accompagnati. Su circa 15 mila presenti in Italia, quasi 5 mila sono qui. L'ultimo dato ufficiale del ministero del Welfare è quello di fine aprile: 4.258, il 36,6% del totale. Ma vanno aggiunti quelli sbarcati a maggio. In pratica, più di un ragazzino su tre di quelli sopravvissuti prima alle violenze e poi al canale di Sicilia, resta bloccato tra Trapani e Siracusa, Agrigento e Catania. Ragazzini dispersi in centinaia di strutture che, in buona parte dei casi, non sarebbero idonee neanche ad ospitare gli adulti. «Occorre avere un sistema d'accoglienza e di tutela - spiega il Garante per l'infanzia Filomena Albano - che sia in grado di creare per loro condizioni e prospettive di vita sostenibili». Basta intendersi su quali siano, queste condizioni di vita. «Le strutture più virtuose - dice Michele Prosperi, di Save the Children - sono quelle che riescono a trasformare la prima fase di accoglienza da un parcheggio a qualcosa di veramente utile. Progetti di alfabetizzazione, insegnamento delle regole e delle leggi italiane. Meno sono estemporanee, tirate su in emergenza, e più è probabile che questo avvenga». Il problema è che sono poche quelle che ci riescono. Il resto si arrangiano, spesso abbandonate a se stesse. «La vita adesso» è una casa accoglienza che sta nell'ultima palazzina in fondo a via Piersanti Mattarella, a Melilli. Non un negozio, non un bar. Il piano di sopra non è mai stato finto. Per arrivarci, e« difficile pure incontrare qualcuno per chiedere un'indicazione. Fuori dalle finestre 10 paia di scarpe e due magliette. Li dentro sono in dodici, il più piccolo ha dieci anni ed è arrivato ieri. »Come va?«. »Come deve andare, non lo vedi dove siamo?« risponde Maumime, 17 anni del Mali. Moussa e Ahmed, invece, neanche capiscono quel che dice Nicoletta La Bella, titolare della comunità Maria Ausiliatrice, che ospita una decina di ragazzi. "Non abbiamo più una vita nostra. E siamo soli. Due mesi fa i ragazzi hanno distrutto letti, infissi, porte. È un anno che lavoriamo indebitandoci. Ma questi ragazzi non sono numeri. Sono esseri umani e noi dobbiamo cercare di non fargli mancare nulla e dargli un futuro vero". Che non c'è a "Le Zagare". Dalle finestre di questo palazzetto a due piani che sembra una scuola e forse lo era, se ti sporgi vedi il mare di Siracusa. Il Teatro greco no, quello è a soli 10 minuti di macchina ma in realtà è distante anni luce. Le Zagare è ufficialmente a Città Giardino frazione di Melilli, sopra la zona industriale di Siracusa. In realtà è in mezzo al niente. Decine di giovanissimi girovagano in tuta e ciabatte, senza nulla da fare. Il centro sarebbe solo per adulti ma vista l'emergenza delle ultime settimane ci hanno messo pure i minori. Un centinaio. Per entrare ci vuole l'autorizzazione della prefettura, ma basta aspettare fuori i ragazzi per sapere quel che accade dentro. "Siamo in 12 in una stanza, non si respira" dice Hansin, 16 anni dal Gambia ed è arrivato tre settimane fa. »Certo, sto meglio di come stavo prima, ma così non ci voglio più stare. Dove voglio andare? Ovunque. Dopo esser rimasto un anno e sei mesi in Libia voglio andare ovunque basta che sia lontano da lì«. »Io invece - sorride Mamadou Aliou, che viene dalla Guinea e che di anni ne ha 17 - voglio andare in un posto dove posso essere soddisfatto. Dove posso studiare. Io amo l'Europa e voglio rimanerci«. Prima però deve riuscire ad uscire dal parcheggio.