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Il marito di Eligia: "Volevo impedirle di urlare, poi l'ho uccisa"

Christian Leonardi davanti agli inquirenti ha sostenuto la tesi dell’incidente: «Non avevo alcuna intenzione di ucciderla»

SIRACUSA. Ha raccontato di averle tappato la bocca per impedirle di urlare ma poi ha perso il controllo. È la testimonianza di Christian Leonardi agli inquirenti nella confessione fornita sabato scorso prima al comando provinciale dei carabinieri e poi al palazzo di giustizia che gli è costato il provvedimento di fermo con l’accusa di omicidio e di interruzione di gravidanza. Il presunto assassino, però, sostiene la tesi dell’incidente, insomma non avrebbe voluto ammazzare deliberatamente Eligia Ardita in quella tragica notte del 19 gennaio scorso nella loro casa in via Calatabiano che è stata sequestrata dal capo della Procura, Francesco Paolo Giordano, e dall’aggiunto, Fabio Scavone.
La lite
Nel suo interrogatorio, appena una settimana fa, Leonardi assicura che avrebbero avuto una lite nel soggiorno dell’appartamento a causa del suo desiderio di raggiungere gli amici in una sala giochi. La donna si sarebbe arrabbiata e così tra i due ne è scaturita una discussione piuttosto accesa, fino a quando il marito, secondo quanto lui stesso avrebbe reso noto agli inquirenti, le si è avventato, ponendole una mano sulla bocca. A quel punto, l’avrebbe messa con le spalle al muro fino al momento in cui l’infermiera, che aveva in grembo la figlia di 8 mesi, sarebbe svenuta. L’indagato avrebbe raccontato che la moglie, dopo aver vomitato, rantolava e da li a poco sarebbe morta. Non avrebbe nascosto di averla pulita e di averle cambiato i vestiti, poi la chiamata al «118» per la richiesta di soccorso. Una ricostruzione che, comunque, non convince la famiglia di Eligia Ardita e soprattutto gli investigatori, certi delle responsabilità del disoccupato, a cui viene contestato l’omicidio volontario.

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