SIRACUSA. «Noi non vogliamo accusare nessuno ma invitiamo gli amici di Christian a darci delle spiegazioni in quanto sia nei giorni precedenti sia successivi alla morte di Eligia sono stati in contatto con lui». È l’appello di Tino Ardita, padre di Eligia, l’infermiera di 36 anni trovata senza vita il 19 gennaio scorso per il cui decesso è stato fermato, con l’accusa di omicidio volontario, il marito, Christian Leonardi. La famiglia sospetta che l’indagato abbia confessato la sua aggressione a qualcuno, magari ad uno di quegli amici con cui di solito usciva. Del resto, come sostengono i magistrati ed i carabinieri, il consorte della vittima aveva l’abitudine di uscire in compagnia di altre persone mentre la moglie, in stato di gravidanza, restava a casa.
L’appello della famiglia. Il genitore di Eligia, ritorna con la mente a quella tragica sera e più riflette maggiori sono i dubbi su quelle ore drammatiche. «Spesso, lo andavano a prendere nella loro casa o da sua madre – dice Tino Ardita - quando si trovava dai suoi genitori. Quindi, dobbiamo capire se qualche amico, quella sera, ha incontrato Christian». E poi c’è la questione dei tempi, di quella fascia oraria tra l’aggressione, culminata poi nel sangue, e la richiesta dei soccorsi al 118. «Non mi convincono i tempi: Christian ha fatto tutto da solo? Gli inquirenti - aggiunge - stanno lavorando in questo senso, per verificare se in quelle ore drammatiche è stato aiutato da qualcuno. Non voglio accusare nessuno ma occorre fare chiarezza».
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