SIRACUSA. I familiari di Eligia Ardita, l’infermiera di 35 anni morta durante la corsa al pronto soccorso insieme alla piccola di 8 mesi che aveva in grembo, chiedono giustizia. E lo hanno fatto in occasione del primo mese dalla tragedia su cui è stata aperta un’inchiesta dalla Procura che ha ipotizzato i reati di procurato aborto e lesioni colpose. Dopo la cerimonia religiosa, per il trigesimo, che si è tenuta nella cappella dell’ospedale «Umberto I», i parenti hanno espresso perplessità in merito alla scatola nera custodita nell’ambulanza del 118 intervenuta per prestare soccorso alla vittima, che si è sentita male mentre era nella sua camera da letto, in compagnia del marito. Il personale, secondo una prima ricostruzione, avrebbe preferito attendere l’arrivo dei vigili del fuoco per trasportare l’infermiera dalla sua abitazione all’ambulanza con la barella. Una decisione motivata dalla mancanza di ascensore nella palazzina in cui viveva la vittima, nella zona di viale Santa Panagia. I familiari temono che dei dati sensibili custoditi in quella scatola nera siano andati persi, forse per un malfunzionamento dell’impianto. Ma questo lo dirà solo la Procura che, insieme ai suoi consulenti, è impegnata ad alzare il velo su questa vicenda. Nel registro degli indagati, ci sono il ginecologo della donna, che lavorava proprio al pronto soccorso dell’ospedale «Umberto I», ed il personale del 118. ALTRE NOTIZIE NEL GIORNALE DI SICILIA IN EDICOLA