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Corruzione e toghe: altri due magistrati indagati a Siracusa, interrogato Longo

Giancarlo Longo

PALERMO. Sei ore. Tanto è durato l'interrogatorio di garanzia dell’ex pm di Siracusa Giancarlo Longo, sentito nel carcere di Poggioreale, in cui è detenuto da martedì, dal gip di Messina che ne ha disposto l’arresto. Un interrogatorio fiume, a tratti teso, durante il quale il magistrato accusato di associazione a delinquere, falso e corruzione avrebbe più volte avuto momenti di sconforto.

«Per lui tutta questa vicenda è una umiliazione - ha spiegato il suo legale, l’avvocato Candido Bonaventura - ma ha voluto rispondere e si è difeso da tutte le contestazioni».  Longo, da mesi trasferito su sua richiesta al tribunale di Napoli, non è l’unico pm di Siracusa finito sotto inchiesta. La Procura di Messina che coordina l’indagine ha infatti iscritto nel registro degli indagati e notificato avvisi di garanzia anche a Marco Di Mauro e Maurizio Musco, quest’ultimo già condannato in un altro procedimento per abuso d’ufficio, trasferito da tempo e attualmente in malattia. Indagato anche un legale, l’avvocato Ornella Ambrogio e il suocero di Longo, che è accusato di riciclaggio.

Secondo gli inquirenti, in cambio di soldi e regali, l’ex pm avrebbe pilotato procedimenti penali in favore dei clienti di riguardo di due legali siracusani: Piero Amara, avvocato dell’Eni, anche lui arrestato, e Giuseppe Calafiore, socio di Amara, riuscito a sfuggire alla cattura e latitante a Dubai. I favori del pm, che avrebbe gestito fascicoli con una inquietante disinvoltura aprendo e chiudendo indagini a suo piacimento e usando consulenti conniventi per precostituire prove a favore dei clienti protetti, sarebbero stati ricompensati con 88mila euro e vacanze di lusso negli Emirati e in un hotel a 5 stelle di Caserta. E proprio sul denaro oggi Longo ha tentato di difendersi, sostenendo che sarebbero stati regali dei suoceri come proverebbero gli estratti conto prodotti. «Peraltro - spiega il legale - c'è una corrispondenza di somme e date che non si riscontra tra i prelievi fatti da chi, secondo i pm, lo avrebbe remunerato e i versamenti del mio cliente».

Sospettando da tempo di essere finito nel mirino degli inquirenti tanto da aver dato la caccia alle microspie, che l'hanno puntualmente ripreso, Longo ha depositato nelle scorse settimane una memoria difensiva in cui accusa gli otto ex colleghi pm di aver ordito un complotto tutto per danneggiarlo. Ma sul punto oggi il magistrato non ha voluto insistere, forse temendo una accusa di calunnia. Pur ammettendo leggerezze ed errori Longo ha continuato a negare la volontà di agevolare i clienti di Amara e Calafiore con cui, nonostante vacanze in comune a Dubai, ha detto di non avere avuto rapporti confidenziali. Al termine dell’interrogatorio il difensore ha chiesto la sostituzione del carcere con gli arresti domiciliari.

Dall’inchiesta, che si intreccia con una indagine della Procura di Roma su alcuni personaggi comuni e che ha accertato una serie di sentenze pilotare al Consiglio di Stato, emerge intanto una lunghissima serie di procedimenti «pilotati» da Longo. Dal caso Eni, in cui l’ex pm avrebbe avrebbe contribuito a creare una sorta di falso complotto per depistare l’indagine milanese su una corruzione internazionale a carico dell’ad De Scalzi, ai fascicoli sugli imprenditori Frontino, clienti e vicini all’avvocato Calafiore. Per «proteggerli» Longo avrebbe estromesso la polizia giudiziaria e incaricato consulenti compiacenti, come l’ingegnere Mauro Verace, anche lui indagato, in modo da avere relazioni tecniche favorevoli ai Frontino coinvolti in diversi procedimenti. Domani toccherà ad Amara che sarà interrogato a Roma.

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