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Fiorello al Festival del Cinema: "Ricordo ancora i film che vedevo con mio padre ad Augusta"

ROMA. L’one man show Fiorello, maglione rosso e scarpe da ginnastica, agli 'incontri ravvicinati' di questa dodicesima edizione della Festa di Roma non si risparmia.

Canta, balla, fa il rumorista, racconta poi dei suoi film preferiti e della sua esperienza d’attore. Non solo. Scimmiotta divertito Antonio Monda e gli mette in bocca voce e smorfie alla Jerry Louis e rivela anche divertito:

«Non vedo mai i film coreani che vincono a Venezia, a loro preferisco "Maciste gladiatore di Sparta" e "Dio disse a Caino".

In realtà, spiega:

«Erano quelli i film che vedevo ad Augusta dove sono nato. Mio padre mi ci portava alle quattro e a volte mi veniva a prendere alle otto. A quei tempi nessuno ti faceva uscire dalla sala. Potevi stare ad oltranza».

Un film da lui amato come 'La febbre del sabato sera' lo fa scatenare sul palco dell’Auditorium. Balla, imitando Travolta, e fa poi la tipica camminata ondeggiante di Tony Manero ("chiedevo a mia madre di fare la spesa e poi con le buste in mano camminavo proprio come Travolta").

Alla citazione su Schlinder's List, dice pensando al caso di Anna Frank e dei tifosi laziali: «E' incredibile di cosa è capace l'essere umano. E poi ci sono anche i social che amplificano il tutto».

Tra i film fatti quello di cui parla con più amore è quello dei fratelli Citti dal titolo 'Cartoni animati'. «Lo girammo a Fiumicino e ogni sette secondi passava un aereo. Così dovemmo ridoppiare tutto anche i molti personaggi che non potevamo certo andare a cercare. Io diedi la voce a ben sette persone. Ma quel film per me è vera poesia».

E durante l’incontro si sofferma ancora una volta su quando disse no all’uomo del momento, ovvero Harvey Weinstein, il mega produttore americano indagato per molestie sessuali.

«Ero stato coinvolto - dice - nel film 'Nine' di Rob Marshall, un musical importante con la Cruz, la Kidman e Lewis. Mi mandano il copione e la mia scena doveva essere a pagina 121, ma io il mio personaggio non lo trovavo. Scopro, solo dopo, che ero sullo sfondo di una scena minore come cantante italiano e decido di dire no. Ero in vacanza con moglie e figli e allora mi sono detto: con i tempi degli americani qui mi gioco Ferragosto. Weinstein - conclude - mi scrive allora una lettera facendomi capire che non avevo ben capito a chi avevo detto no e che non avrei più lavorato ad Hollywood. Allora pensai: chi se ne frega. È come dire a un calciatore che non giocherà più al basket».

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