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Al Teatro greco di Siracusa in scena un'"Alcesti" in stile siciliano - Le foto della prima

SIRACUSA. Il più antico dei drammi di Euripide è «Alcesti», in scena da ieri sera al Teatro Greco di Siracusa. È un dramma sulla morte e sul destino che attende l'uomo dopo aver lasciato questa vita, sfiora spesso la metafisica e consegna alla cultura occidentale tutti gli interrogativi che 2.400 anni di teatro e di filosofia non sono riusciti a risolvere.

E, così, il regista, Cesare Lievi, chiede aiuto alla religione e apre lo spettacolo con una formidabile processione funeraria, un bellissimo corteo, antico e solenne, un funerale siciliano anni '50, cristiano, con la banda, i veli neri, gli uomini con coppole e cappelli, mentre dall'alto Apollo e Thanatos sorvegliano sornioni e con un solo gesto ricoprono il tutto con un chilometrico manto nero.

Un incipit che vale tutto uno spettacolo, mentre le preziose musiche di Marcello Panni si divertono ad alludere con la banda dei fiati alla tradizione folkloristica. È stato un grande omaggio al senso siciliano della morte, non sappiamo quanto voluto, ma di grande impatto. Alcesti, una dolce e vibrante Galatea Ranzi, sceglie di morire al posto del marito Admeto.

È un'eroina dell'amore coniugale e della fedeltà. Scene e costumi di Luigi Perego propongono un contrasto cromatico di grande effetto: la reggia di Admeto è rosso lacca, posizionata su un prato di papaveri rossi, i fiori della consolazione, (altri dicono un omaggio a Fabrizio De Andrè), mentre per tutta la durata del dramma, la croce di Cristo resta poggiata sul lato destro della scena.

Presenza comprensibile solo a patto che si voglia fare riferimento alla resurrezione di Alcesti. Ma la regina viene strappata a Thanatos dalla forza brutale di Eracle, che per profonda amicizia con Admeto, va agli inferi e riporta indietro la nobile eroina. E qui il regista ha rischiato un triplo salto mortale, e alla fine Eracle, con in mano la clava e la croce, sceglie la prima e lascia andare la seconda. Il concetto di resurrezione è tutto da venire e forzare la mano ad Euripide non è cosa legittima. Come la pensa Euripide è molto chiaro, nel quarto stasimo, dove svela che la Necessità, la dea invincibile, è tale perchè tutto ciò che è necessario è inevitabile e razionale.

Ottima prova per tutto il cast: da Eracle, ironico e leale, Stefano Santospago in gran forma, ad Admeto, Danilo Nigrelli accorato re della Tessaglia, al padre Ferete, Paolo Graziosi campione di dialettica. Bene anche Ludovica Modugno, l'Ancella, Sergio Basile e Mauro Marino, nel ruolo del Corifeo, e il giovane Massimo Nicolini, un generoso Apollo. In scena a giorni alterni con Elettra fino al 19 giugno.

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