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Festa di Santa Lucia a Siracusa, dal vescovo pensiero agli immigrati

«Se ci diciamo e vogliamo essere veramente cristiani come Santa Lucia, non possiamo disinteressarci dei più deboli, nè, ancora peggio, possiamo respingere chi ci chiede aiuto», ha detto il vescovo Pappalardo

SIRACUSA. «Oggi si rischia il paradosso: da una parte c'è un'Europa che mira all'unificazione dei popoli, che fa battaglie animaliste e per la salvaguardia del creato e dall'altra parte c'è chi fa finta di non vedere le migliaia di uomini e donne, con giovani e bambini, che annegano negli abissi del Mediterraneo, definito ormai il mare delle lacrime». L'arcivescovo di Siracusa, Salvatore Pappalardo, dal balcone dell'Arcivescovado nel suo tradizionale discorso ad una piazza Duomo gremita di fedeli nella festa del Patrocinio di Santa Lucia, rivolge il suo pensiero ai migranti. «Se ci diciamo e vogliamo essere veramente cristiani come Santa Lucia, non possiamo disinteressarci dei più deboli, nè, ancora peggio, possiamo respingere chi ci chiede aiuto».

Nella cattedrale affollata, il cardinale Francesco Montenegro, Arcivescovo di Agrigento, ha presieduto la celebrazione con i suggestivi canti della comunità cattolica dello Sri Lanka a Siracusa. «Lucia rappresenta il sogno di un coraggio che dovremmo possedere, per vivere senza tentennamenti ciò in cui crediamo. Se guardiamo gli immigrati attraverso la lente del codice penale o civile, senz'altro sono individui che possono essere pericolosi, forse criminali o dei poco di buono. Visti con la lente del Vangelo sono uomini, creati anche loro a immagine di Dio, nel loro caso rassomigliano ad un Dio sfigurato, uomini scappati dalla loro patria e famiglia, e per di più maltrattati e umiliati. La presenza dello straniero nella nostra vita non è un male da estirpare, ma qualcuno con cui confrontarsi per costruire una comunità dello scambio».

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