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Siracusa, un grido di dolore: "Vogliamo la verità su Gianluca"

Nei familiari del comandante resta l’amarezza dopo il rinvio a giudizio dei tre marittimi stranieri. L’appello di Giulia Bianca: «Chi sa altro parli»

SIRACUSA. Non ci sarà nessuna verità al processo se gli imputati non saranno in aula a deporre. È lo sfogo amaro di Giulia Bianca, la sorella di Gianluca, il comandante del Fatima II scomparso al largo delle coste della Grecia due anni fa. Sono tre gli imputati, due egiziani ed un tunisino, componenti dell’equipaggio del peschereccio siracusano, che saranno processati, in contumacia, per omicidio volontario. Non sono stati mai trovati, come il corpo del marittimo. «Dopo due anni – spiega Giulia Bianca – è strano che mio fratello non abbia dato notizie, certo la nostra speranza è che sia ancora vivo ma dobbiamo fare i conti con la realtà: lui non qui con noi.

Una verità, comunque, non potrà emergere, del resto se quelli che sono ritenuti dalla Procura come i responsabili dell’ammutinamento e della sua scomparsa, come è possibile ricostruire i fatti? Chi risponderà alle domande del pubblico ministero ed alle nostre?».  La sorella del comandante del «Fatima II» lancia un appello ai tre marinai siracusani, anch’essi componenti dell’equipaggio del peschereccio, che, sono gli unici testimoni. Agli inquirenti hanno svelato che gli imputati avrebbero preso il comando della barca, tenendo in ostaggio Bianca: è stato poi raccontato di aver udito uno sparo che, secondo le tesi dell’accusa, potrebbe essere stato fatale alla vittima. La famiglia del marittimo lancia l’ennesimo appello ai testimoni.

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