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La tragedia di Noto, Restuccia ai domiciliari La difesa: «Nessuno si è accorto della piena»

NOTO. «Antonio Restuccia tornerà ad essere un uomo libero l'11 febbraio dopo che gli inquirenti avranno concluso gli interrogatori degli altri occupanti della macchina». C’è una moderata soddisfazione nelle parole di Paolo Signorello, il difensore di Antonio Restuccia, 32 anni, accusato di omicidio colposo plurimo, al termine dell'udienza di convalida che si è celebrata ieri mattina al palazzo di giustizia di Siracusa nella stanza del giudice per le indagini preliminari del tribunale di Siracusa, Alessandra Gigli. Il provvedimento restrittivo, spiccato dalla Procura nelle ore successive alla tragedia, in cui hanno perso la vita Marisol Latino, 7 anni Alessandra Tumminieri, 33 anni, e Maria Gioelli, 66 anni, è stato, comunque, confermato dal gip ma l’infermiere professionale è uscito dalla sua cella per essere trasferito nell’abitazione della madre dove si trova ai domiciliari. In questi pochi giorni che mancano alla scarcerazione del trentaduenne, i magistrati dovranno compiere delle verifiche sulle testimonianze dei superstiti ed accertare se la ricostruzione di uno di loro, che ha inchiodato Antonio Restuccia, combacia con le altre. L'accusatore principale dell'infermiere professionale, che è il personaggio chiave del magistrato, Caterina Aloisi e degli agenti del commissariato di polizia di Noto, ha sostenuto, poco dopo la tragedia, che il conducente avrebbe deciso di guadare il fiume Asinara nonostante fosse stato sconsigliato a farlo. Una versione che è stata respinta dall'indagato e dal suo legale. «Non c’è stata alcuna decisione autonoma - sostiene l’avvocato Paolo Signorello, difensore di Antonio Restuccia - e quelli che erano in macchina hanno condiviso questa scelta. Nessuno si è reso conto che davanti a se c’era un muro d’acqua di quelle dimensioni, che ha poi travolto il mezzo. Le affermazioni dell’accusatore di Restuccia - continua il difensore dell’infermiere professionale - non combaciano». La decisione di ”prolungare” la carcerazione dell’infermiere professionale, seppur tra le mura di casa, è motivata dalla necessità di evitare che l’indagato possa entrare in contatto con i passeggeri superstiti, influenzandone la ricostruzione. «Il giudice - spiega Paolo Signorello, difensore dell’infermiere di 32 anni - ha ritenuto di fare in questo modo e rispettiamo la sua scelta. La nostra situazione è, comunque, serena, come è emerso nel corso dell’interrogatorio di Restuccia al palazzo di giustizia e poi tra pochi giorni il mio assistito sarà rimesso in libertà».

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