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Quelle stanze in abbandono, il Fai riscopre il vecchio carcere

Centinaia di visitatori alla «Giornata di Primavera», Fleres: «Servono strutture adeguate»

SIRACUSA. Sarà ricordato come uno dei luoghi più originali e inusuali riscoperti dal «Fai»: né villa, né parco, né giardino, piuttosto un carcere, il carcere borbonico costruito dall'ingegnere Luigi Spagna nel 1854, chiuso nel 1990 e oggi in attesa di un progetto che ne decida il destino. Nella «Giornata di Primavera» del «Fai», il Fondo per l'Ambiente Italiano, - il carcere borbonico, detto anche ”a casa cu n'occhio”, ha aperto celle, sale e corridoi per mostrarsi ai visitatori. Che sono stati numerosissimi. La prima comitiva ad oltrepassare il portale d'ingresso si è formata con il commissario straordinario al Comune, Alessandro Giacchetti, il presidente della Provincia Nicola Bono e la direttrice della casa circondariale di Cavadonna, Angela Gianì. Emozionata nel ritrovare luoghi familiari compreso l'alloggio all'ultimo piano dal quale era godibile una splendida vista sul mare. Ospite, Salvatore Fleres, garante dei diritti dei detenuti che ha visitato con molto interesse l'edificio condividendo lo stile e i principi, rivoluzionari all'epoca, secondo i quali le ampie finestre, la luce, gli spazi aperti e un solo occhio, la torretta, rendevano meno dura la vita dei detenuti. «È necessario oggi - ha detto Fleres - costruire carceri adeguate e nel rispetto dei diritti dei detenuti». Ma i veri ciceroni di queste giornate sono Gaetano Bordone, capo delegazione «Fai» di Siracusa e Sergio Cilea, delegato Fai alla Cultura: soddisfatti per il successo dell'iniziativa, ribadiscono la proposta della fondazione di destinare l'edificio a grande archivio cittadino con biblioteche e sedi di associazioni culturali. Interessante, a questo proposito, le tesi e i progetti di ”restauro e riutilizzo del monumento” elaborati dagli studenti e laureati della facoltà di Architettura di Siracusa, che sono esposti in una mostra documentale. All'evento, che prosegue oggi dalle 10 alle 17, hanno partecipato con i loro prodotti tipici anche i detenuti-pasticceri della cooperativa «L'Arcolaio» mentre i detenuti di Cavadonna hanno messo in mostra i loro modellini di navi, quadri e piccoli manufatti. Non sono mancati vino e pane provenienti da aziende locali.

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