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Blitz al Comune di Ferla, 21 denunciati per assenteismo

Un uomo timbrava il cartellino al posto della moglie

FERLA. C’era chi se ne andava a fare la spesa, altri, invece, che si infilavano in un bar e tra un cappuccino e quattro chiacchiere con gli amici, passavano intere mattinate. Nessun problema, se non fosse che sono dipendenti del comune di Ferla. Impiegati insofferenti al posto di lavoro, che, evidentemente, doveva essere un peso per scappare dalla propria stanza e tuffarsi in altre attività, spesso ricreative. Sono 21 gli impiegati pubblici accusati di assenteismo a cui sono stati notificati dai carabinieri della stazione di Ferla e della Compagnia di Augusta gli avvisi di garanzia. I fatti non sono recenti, ma vecchi di tre anni, tra febbraio e novembre del 2010, periodo in cui i militari hanno avviato le indagini, sollecitati da alcune segnalazioni sulle continue e ripetute evasioni degli impiegati. «Non c’era un ufficio in particolare - spiega il comandante della Compagnia di Augusta, Giuseppe Musto - in cui abbiamo registrato casi di assenteismo». Insomma, secondo gli inquirenti era una prassi assai diffusa e per documentarla sono state sistemate delle telecamere puntate sulla macchinetta dove si timbrano i cartellini per registrare gli ingressi e le uscite. In uno di questi filmati, «emergeva infatti come i dipendenti di uno stesso ufficio o parenti tra loro, utilizzassero alternativamente i cartellini segnatempo di uno o dell'altro per attestare falsamente la presenza sul posto di lavoro del proprio collega o parente» fanno sapere dal comando della Compagnia di Augusta che hanno scoperto il coinvolgimento del marito di una dipendente del Comune. L’uomo, a cui è arrivato un avviso di garanzia, si sarebbe recato in Municipio per timbrare il cartellino della moglie, che aveva altre cose da fare. «Ho massima fiducia - dice il sindaco di Ferla, Michele Giansiracusa - nella magistratura e, se qualche nostro dipendente ha sbagliato, è giusto che vedano presi gli opportuni provvedimenti. L'amministrazione si riserva comunque di tutelare il buon nome dell'ente nelle dovute sedi».

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